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Dell’Utri, chiesto l’arresto

Dell’Utri, chiesto l’arrestoUn momento del processo a Marcello Dell'Utri

Mafia La richiesta del pg dopo la condanna a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa

Pubblicato più di 11 anni faEdizione del 26 marzo 2013

«Naturalmente speravo in un’assoluzione ma sapevo anche che poteva essere una condanna. Ne prendo atto». Ostenta sicurezza Marcello dell’Utri. E’ passato solo qualche minuto da quando i giudici della terza sezione della Corte d’Appello di Palermo lo hanno condannato a sette anni per concorso in associazione mafiosa e l’ex senatore del Pdl ed ex manager Publitalia mostra nervi saldi. «Il romanzo criminale continua visto che ha molta audience. Poi ci sarà il processo per la trattativa. Siamo in questo trip e non possiamo fare altro. Prendiamo la vita come viene,» dice rivolgendosi alla folla di giornalisti che lo circonda. Ma la vita potrebbe presto riservare un brutta sopresa a Dell’Utri. Il pg Luigi Patronaggio ha chiesto infatti l’arresto per l’ex senatore giustificandolo con il pericolo di fuga. E fino a ieri sera non si è saputo se la Corte ha accolto o meno la richiesta.

Per l’accusa la sentenza di ieri è una vittoria sia perché conferma la precedente decisione presa dalla corte d’appello nel 2010, e parzialmente rigettata nel 2012 dalla Cassazione, sia perché rinadisce le tesi dell’accusa, secondo cui Dell’Utri avrebbe rappresentato per anni l’anello di congiunzione tra i boss di Cosa nostra e Silvio Berlusconi che alla mafia avrebbe pagato milioni e milioni per garantire la sicurezza sua e della sua famiglia.

«E’ stata riconosciuta la responsabilità penale di Marcello Dell’Utri per il periodo che arriva fino al 1992. E’ una sentenza che fa giustizia di un lavoro molto impegnativo svolto in questi anni», commenta il pg. Ora sulla nuova condanna pende la prescrizione, che scatterebbe se la Cassazione non dovesse pronunciarsi entro il 2014. Quello emesso ieri dalla Corte d’Appello presieduta da Raimondo Lo Forti è il quarto giudizio su Dell’Utri nel processo che lo vede imputato pe concorso in associazione mafiosa.

Le indagini sull’ex manager di Publitalia cominciarono infatti nel 1994 e la prima sentenza di condanna arriva l’11 dicembre del 2004 con una condanna a nove anni. Nel processo d’appello viene sentito anche il pentito Gaspare Spatuzza, che ai giudici racconta le confidenze ricevute dal boss Giuseppe Graviano nel ’94, quando gli disse di sentirsi il padrone dell’Italia grazie ai rapporti che aveva con Dell’Utri e Berlusconi. La corte d’appello, però, riduce la condanna da nove a sette anni ritenendo sufficientemente provate le accuse contro Dell’Utri solo per quanto riguarda gli anni fino al 1992, escludendo che dopo possa aver mantenuto rapporti con la mafia.

Sentenza annullata nel 2004 dalla Cassazione che chiede di rivedere le accuse che riguardano gli anni tra il 1977 e il 1992 e ordina un secondo appello. Confermata, e passa in giudicato, l’assoluzione per le accuse successive al 1992. Sarebbe durato almeno un trentennio, dunque, il «rapporto perverso» tra Dell’Utri e la mafia. Un legame che avrebbe attraversato vecchia e nuova mafia, partendo dai boss Bontade, Tersi, Cinà e Mangano per poi proseguire con Riina, Bagarella, Brusca, Provenzano e i Graviano. «Il rapporto tra Dell’Utri e Cosa nostra non si è mai interrotto, ma è stata la continuazione dell’adempimento di quello scellerato patto concluso nel ’74 e rinnovato nel 1988 da Riina», ha detto il pg nella sua requisitoria.

Tesi ovviamente contestata dalla difesa, che aveva chiesto che venissero dichiarate prescrite le accuse fino al 1977 e l’assoluzione per i fatti successivi. «Certamente siamo delusi e amareggiati», ha detto ieri pomeriggio l’avvocato Giuseppe Di Peri, uno degli avvocati che difende Dell’Utri. «Bisogna rileggere il dispositivo, ma di fatto hanno riconfermato al sentenza di appello. Faremo ricorso in Cassazione, naturalmente. Noi non tendiamo alla prescrizione, ma se dovesse essere acclarata, non ci opporremmo», ha concluso il legale.

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