Inizio d’anno teso per Deliveroo. In Belgio prosegue la protesta dei rider che chiedono il ripristino dell’accordo con la cooperativa SMart, unico nel mondo dell’“economia dei lavoretti” (gig economy), che trasforma 2 mila ciclo-fattorini in lavoratori alle dipendenze di SMart e titolari di diritti. Con un atto unilaterale Deliveroo lo ha cancellato. Entro fine gennaio i rider torneranno a essere “imprenditori di se stessi” senza tutele. Un collettivo di 200 fattorini, sostenuti dal sindacato Cne, sciopererà ogni venerdì del mese.

A capodanno i rider olandesi hanno scioperato contro lo statuto da “partite Iva” imposto da Deliveroo. Questo significa sostenere i costi dell’attività che andrebbero invece ripartiti con il datore di lavoro perché i lavoratori svolgono un’attività parasubordinata intermediata dall’algoritmo.

Andiamo a Bologna, una città che si fregia del pomposo marchio di “City of Food” dopo l’apertura della Disneyland del cibo “Fico”. Venerdì scorso il sindaco Virginio Merola e l’assessore Matteo Lepore hanno incontrato una rappresentanza di rider. Insieme hanno discusso su come regolare le attività delle piattaforme digitali nel settore della consegna a domicilio del cibo (food delivery).

In questa cornice la multinazionale Deliveroo ha reso noto un contributo alla “consultazione pubblica” sull’accesso alla protezione sociale avvenuta in occasione di una proposta della Commissione Ue il 21 dicembre 2017. Il testo stabilisce norme minimali per il nuovo lavoro occasionale che coinvolgerebbe “due o tre milioni” di persone. Una volta adottato dal parlamento Ue, e adattato dagli stati membri, i riders dovrebbero godere di una maggiore prevedibilità del lavoro, di un lavoro più stabile (contrattualizzato) e del diritto di ricevere una risposta scritta. Prevista la “formazione obbligatoria” senza deduzione dal salario.

Non si parla di salario minimo orario, previdenza, assicurazione o ferie. Sono le rivendicazioni del sindacato inglese Independent Workers’ Union protagonista delle lotte dei rider e degli autisti contro Uber, conosciute anche in Europa. L’orientamento della Commissione Ue va comunque considerato un effetto delle rivendicazioni dei lavoratori.

Contro questa timida azione Deliveroo ha messo il peso dei 13 mila “posti di lavoro” che avrebbe creato, secondo “studi economici indipendenti”. Tra due anni saranno 54 mila, contando quelli prodotti nella ristorazione. Salvo chi è occupato nel back office, i “posti di lavoro” sono a cottimo. È l’imbroglio dell’economia digitale: moltiplica gli impieghi (jobs) confondendo il lavoro dipendente e autonomo. Tali attività non sono intese come lavoro (work), ma auto-impieghi (self-employed) o freelance. Deliveroo dichiara di volere offrire “sicurezza e tutele ai propri partner”, ma chiede di porre fine “alla necessità di scegliere tra flessibilità e sicurezza come avviene nel diritto del lavoro”.

Con ogni probabilità questo significa fare a meno del diritto del lavoro e definire i lavoratori come imprenditori di se stessi.