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Devono essere proprio finiti nelle mani di un dilettante quelli che, all’occorrenza, i media occidentali presentano ora come i servizi segreti più insidiosi del mondo, ora come platealmente goffi sicari del Cremlino. Per mettere a segno le quattro pallottole alla schiena che nella tarda serata di venerdì – quando il manifesto era già in chiusura – a Mosca, hanno ucciso il leader liberale Boris Nemtsov, sembra che i killer abbiano esploso nove colpi e, stando alle ricostruzioni, nessuno degli esecutori sarebbe sceso dall’auto per assicurarsi dell’esito.
Anche la scena del delitto appare più simbolica che adatta a un lavoro professionale: il ponte Grande Moskoretskij, che unisce il lato orientale della Piazza Rossa – viene da dire, sotto le finestre di Vladimir Putin – e quella Piazza Bolotnaja che, nel 2012, era divenuta il simbolo delle proteste liberali contro la politica del Cremlino e che avevano avuto tra i protagonisti anche Boris Nemtsov.

E, a proposito di proteste, anche il giorno scelto per l’agguato: appena una settimana dopo la manifestazione «antiMajdan» organizzata dai sostenitori della politica putiniana, contro ogni tentativo di dar vita anche in Russia a quanto fatto dai golpisti ucraini e all’antivigilia della manifestazione contro la crisi economica «Primavera», che gli organizzatori avevano da tempo programmato per oggi e che le autorità municipali avevano dirottato in un rione periferico di Mosca, per non farla intersecare con il corteo anti-crisi organizzato dal Partito comunista.

Ancora un po’ e i sicari avrebbero lasciato sul luogo del delitto la visitnaja karta di Vladimir Vladimirovic, a indicare che «lo zar» (che gli ultimi sondaggi danno al 85%) si sarebbe voluto liberare non tanto del politico che marciava contro la crisi – e, quindi, contro il governo di Dmitrij Medvedev: pienamente lecito – bensì del “fiduciario” di Kiev e dell’Occidente che protestava, soprattutto, contro il presunto intervento russo in Ucraina e il principale figurante dell’”aggressione”, Putin: questo doveva essere il contenuto principale della marcia «Primavera».

Naturalmente, l’opposizione liberale di «ParNaS» (Partito della Libertà del Popolo), Partito del Progresso, Partito del 5 Dicembre, Scelta democratica, «Jabloko» – organizzazione fondata negli anni ’90 da Grigorij Javlinskij, con cui Nemtsov aveva condiviso le scelte di privatizzazione eltsiniane; all’ultimo momento aveva rifiutato di partecipare alla «Primavera» -, mentre parla di «delitto politico», ha ottenuto dal municipio di Mosca di poter organizzare, invece che la marcia di protesta nel rione Maryno, un corteo funebre nelle zone del centro di Mosca attigue a quelle dell’assassinio, distanti dal meeting organizzato dai comunisti.

Comunisti che (sul sito ufficiale del partito, alla notizia dell’omicidio è sovrapposta una pistola con la bandiera Usa sul calcio) per bocca del loro segretario Ghennadij Zjuganov parlano di provocazione: «Ci sono forze interessate a inasprire al massimo la situazione – ha detto Zjuganov all’agenzia Interfax -, questa è una provocazione, per far divampare grandi incendi occorrono vittime sacrificali; proprio così, con delle provocazioni, sono cominciate molte tragedie mondiali». Mentre ha espresso «profonde condoglianze a parenti e vicini» del liberale Nemtsov, Zjuganov ha anche puntato il dito contro la politica liberale del governo: «È necessario cambiare l’attuale linea economico-finanziaria del governo. Il corso liberale è letale per la Russia» ha detto.

E di provocazione ha parlato anche Mikhail Gorbaciov. L’ex Presidente dell’Urss vede nell’omicidio di Nemtsov un «tentativo di destabilizzare la Russia; di spingere la situazione verso complicazioni e inasprire la contrapposizione». Alla domanda di Interfax, se ritenga che la vicenda possa spingere qualcuno a chiedere l’introduzione di misure straordinarie, Gorbaciov ha detto di non escludere tale variante e non si sente di escludere nemmeno la possibilità che possano approfittare dell’accaduto anche quelle forze straniere che «pensano a come liberarsi di Putin. Comunque non credo che in Occidente si segua questa strada; anche se i criminali che hanno ucciso Nemtsov contano indubbiamente su questo». Chissà se Gorbaciov aveva in mente la sfilata di ambasciatori occidentali, ieri, sul luogo del delitto. Di provocazione ha parlato il leader della semi-putiniana socialdemocratica «Russia giusta», Serghej Mironov: «In Ucraina la situazione è diventata incandescente dopo il sangue a Majdan, dunque lo scenario è noto».

«Non si è sparato solo alla schiena di Nemtsov. Si è sparato alla schiena della Russia» ha detto Ella Pamfilova, incaricata presidenziale per i diritti dell’uomo. Anche dall’opposizione liberale – «Jabloko», Solidarnost, Memorial, eccetera – si parla di una provocazione e di un «colpo inferto a tutta la società e allo stato russo».

Sul fronte investigativo, si va dalla provocazione politica, alla pista ucraina, a quella islamica. Riguardo quest’ultima, sembra che Nemtsov avesse ricevuto minacce per la posizione espressa sulla sparatoria a Charlie Hebdo; ma anche sulla questione ucraina, gli investigatori parlano di «elementi radicali in tutte e due le parti in conflitto». Si indaga anche sugli ambienti ultraradicali di destra e nazionalisti, del tipo di «Born» (Organizzazione Militare dei Nazionalisti Russi) cui sono invisi sia il potere ufficiale, sia l’opposizione, giudicata antinazionale. L’avvocato di Nemtsov non esclude nemmeno ipotesi legate sia all’attività dell’ucciso come deputato regionale di Jaroslav, sia al rapporto con Anna Duritskaja, la 23enne modella ucraina che era con lui al momento dell’omicidio.