Tra le tante città italiane scelte come luoghi d’elezione in cui ambientare storie gialle si può considerare entrata a pieno titolo anche Trieste, sede delle imprese del commissario Ettore Benussi e della sua piccola squadra. Da sempre, però, questa è una città particolare all’interno del panorama culturale nazionale. Luogo d’irradiazione della psicoanalisi in Italia, unico centro di quella krisis che ha sconvolto il panorama culturale tra fine ’800 e inizio ’900, Trieste non poteva non far pesare la propria diversità anche nel momento in cui si tratta di narrare storie nere. E quelle che scrive Roberta De Falco, inventrice appunto del commissario Benussi, sono sempre particolari. Particolarità che emergono appieno nell’ultimo romanzo, il quarto della serie, dedicato al commissario triestino, intitolato Il tempo non cancella e uscito per Sperling & Kupfer (pp. 312, euro 16,90).
La prima particolarità risiede nel fatto che gli avvenimenti narrati, e che si svolgono nel tempo presente, si intrecciano a vicende tragiche di un passato ormai lontano, quando l’Istria passò alla Jugoslavia. Personaggio centrale è Ivo Radek, anziano e famosissimo scrittore, noto per il suo primo romanzo, L’amico d’infanzia, largamente autobiografico, storia di amicizia e di tradimento ambientata in quei terribili anni. Tale scelta narrativa di Roberta De Falco richiama alla mente il lavoro di un altro autore di noir, Didier Daeninckx, il quale intreccia spesso avvenimenti contemporanei ed eventi fondamentali e tragici della storia francese. L’autrice italiana, però, sfoggia una scrittura meno tagliente e più letteraria, a tratti impregnata da una leggera ironia.
L’azione di Il tempo non cancella inizia con il conferimento al vecchio e schivo scrittore di una laurea honoris causa da parte dell’università. A Trieste convergono i due editori di Radek, in lotta per accaparrarsi la sua ultima fatica letteraria, e l’agente Rhoda Wallace. Anche il commissario Benussi è interessato: avendo terminato il suo primo romanzo, vorrebbe proporlo alla Wallace. E qui emerge un’altra particolarità del libro. Roberta De Falco – pseudonimo dietro il quale si nasconde Roberta Mazzoni, autrice e sceneggiatrice cinematografica e televisiva – inizia a raccontare con ironia e perfidia il «dietro le quinte della letteratura. Alla fine della cerimonia l’anziano scrittore viene ritrovato in fin di vita tra gli scaffali della biblioteca della facoltà.
È a questo punto che parte l’indagine vera e propria condotta da Benussi e dai suoi collaboratori. Vengono fuori, quasi in parallelo, anche i rapporti conflittuali e le piccinerie che attraversano la famiglia del romanziere. Il passato si avvicina incombente, sotto le spoglie di un vecchio misterioso, giunto a Trieste. Mentre la narrazione affronta – come in ogni noir – tematiche sociali, in particolare quelle relative al problema dell’immigrazione clandestina e dell’integrazione. Come dimostra la battuta fulminante di Ato Gebru, eritreo, da cinque anni in Italia: «Voi sempre parlare di integrazione. Io non bisogno di integrazione. Io da sempre integrato in mondo di esseri umani».