Sulle novità emerse dalla Libia, alla luce del recente intervento degli Stati uniti su richiesta del governo presieduto da al Sarraj, nominato dall’Onu, abbiamo chiesto una riflessione ad Angelo Del Boca, storico del colonialismo italiano, della Libia e autore di molti saggi sulla figura di Gheddafi (compresa una importante monografia, riedita nel 2014 in una versione più completa da Laterza)

Partiamo dalle novità di giornata, l’intervento Usa autorizzato da Obama: che ripercussioni ha sul paese, quali scenari apre e che significati ha per gli attori che concorrono alla situazione più generale libica.
L’intervento americano di per sé è molto importante data la situazione che si era venuta a creare in Libia, in secondo luogo il fatto che gli americani si siano decisi a intervenire è rilevante perché gli attacchi nella zona dove si sarebbero rifugiati mille appartenenti al sedicente stato islamico risolve una situazione che la Libia non poteva in alcun modo gestire da sola e questa decisione è stata presa da Obama, un presidente americano tacciato di essere una persona molto riservata tranquilla e prudente e che invece ha accettato la richiesta dell’uomo messo lì dall’Onu. L’intervento americano, infine, è importante anche per un’altra ragione: anche se domani presteremo Sigonella per fare partire i droni e i jet, è importante il fatto che l’Italia – alla fine – non intervenga sul terreno. Chiaramente l’Italia appoggia e magari con qualche uomo partecipa anche alle azioni, ma un conto è delegare, un altro fare la prima mossa. Non farla è stato un gesto molto importante. Noi abbiamo già fatto abbastanza male a questo paese.

L’intervento americano rimette in gioco o cambia scenario per quanto riguarda quell’ipotesi di spartizione della Libia tra potenze occidentali?
È sicuramente vero che esistono molte Libie, ai tempi di Gheddafi si parlava delle due Libie e Gheddafi stesso era dovuto intervenire più volte per sedare rivolte, ma mi pare siamo in una fase storica completamente diversa. In questo momento il paese è completamente spaccato, è vero che ogni città e ogni milizia ha il suo territorio da difendere, partendo da un dato molto saliente: il petrolio libico serve a tutti. Ci saranno molte difficoltà, ma i bombardamenti americani aprono indubbiamente nuovi scenari che favoriscono al Sarraj.

L’Italia in tutto questo? Cambia il suo ruolo? Dall’idea di coordinare un eventuale intervento alle frasi di circostanza sull’appoggio americano. Due scenari completamente diversi.
A mio parere gli Stati uniti e il loro intervento consentono all’Italia di evitare danni maggiori. Diciamo che le dichiarazioni di mesi fa della ministra della difesa Roberta Pinotti sulla mobilitazione di cinquemila uomini erano state avventate. Cinquemila, diecimila, ma perfino centomila, sono dichiarazioni che fanno ridere. Io penso che quando Matteo Renzi è andato negli Stati uniti abbia parlato e a lungo di Libia con Obama e non credo sia stata una sorpresa questo bombardamento Usa. Io sono certo ci fosse il consenso da parte di Roma.

Cosa cambia invece all’interno? Il ruolo di Haftar, l’uomo dell’Egitto, ora che strade può prendere? Di sicuro ne esce indebolito o no?
Haftar è l’uomo dell’Egitto e la sua forza si basava su un dato preciso: la certezza di essere l’unico ad avere dietro di sé la possibilità di bombardare, al contrario delle forze libiche che ormai hanno tutto distrutto e inusabile. Haftar ha ancora un certo peso anche se dopo l’intervento americano la sua posizione è stata diminuita a scapito di al Sarraj; quella dell’uomo dell’Onu è una storia strana, uno che stava nella sua base in mare per scappare se le cose si fossero messe male. La sua richiesta esaudita dagli Stati uniti lo consolida e fa pensare che gli americani abbiano un loro disegno.

Che sarebbe?
Al momento ancora non si può capire, dipende da come hanno preparato questo intervento.

Il rafforzamento del ruolo di Sarraj favorirà quindi una fase più stabile per il futuro della Libia?
Senza dubbio il fatto che sia intervenuta l’America è un fatto che rende tutto più chiaro e anche più gestibile, ora continueranno fino alla resa, alla distruzione dell’Isis, evitando una presenza scomoda di queste forze nel Mediterraneo proprio di fronte all’Italia, un fattore non da poco nella considerazione generale. Bisogna ammettere che in questa circostanza va lodata la prudenza che sembra aver avuto il nostro presidente del consiglio.