La saga dell’elettore morto e risorto (il giorno del voto) arriva al terzo tempo. La resurrezione elettorale di Reggio Calabria si allarga. La procura guidata da Giovanni Bombardieri ha notificato altri 6 avvisi di garanzia nei confronti di altrettanti indagati. Alcuni di loro gravitano nell’area della destra. Il processo elettorale delle comunali dello scorso autunno parrebbe sempre più viziato. Un’indagine in divenire, come affermato dagli inquirenti, che parte dall’arresto del consigliere comunale dem Nino Castorina, già capogruppo nella precedente consiliatura. E che assume ora sfumature trasversali.

La storia inizia il 23 settembre davanti a un seggio. Qui gli agenti della Digos notano un giovane con in mano una busta bianca. Lo fermano, aprono il plico e trovano decine di duplicati di tessere elettorali. L’attività d’indagine della procura disegna un quadro a tinte fosche dalle tonalità tragicomiche. Nella città dello Stretto votavano tutti. I morti, gli anziani lungo degenti, i malati di Alzheimer. Si recavano al seggio, esprimevano la preferenza, ma a loro totale insaputa. A depositare la scheda nell’urna erano altri soggetti.

A sconcertare gli investigatori sono le modalità di esercizio del voto. L’elettore non veniva identificato mostrando un documento di identità, ma «per conoscenza personale». Per cui accade che una signora novantenne, passata a miglior vita il 10 settembre 2020, risulti elettrice perché due giorni dopo la sua morte qualcuno aveva richiesto il duplicato della sua tessera per poi il giorno del voto infilare la scheda nell’urna. In città alle ultime comunali le richieste di duplicati, per tessere disperse o usurate, sono state 2311 nella sede centrale del comune, 980 negli uffici distaccati. Un’enormità.

I controlli della Commissione elettorale centrale, presieduta dal magistrato Giuseppe Campagna, hanno dato i primi riscontri a dicembre, con la notifica della misura cautelare ai domiciliari per Castorina e al presidente di seggio ritenuto perno del «sistema», Carmelo Giustra. A loro si sarebbero poi aggiunti altri soggetti: dallo zio di Giustra, Giuseppe Saraceno, ad alcuni componenti dello staff del politico. Il presidente di seggio Giustra da qualche settimana si è messo a parlare. E la platea degli indagati si è così allargata ad altri tre candidati non eletti: Luigi Dattola (FdI), Giuseppe Eraclini (Fi) e Giuseppe Cuzzocrea (Lista Civica), finiti anche loro nel registro degli indagati per falso e violazione della legge elettorale. Anche loro sarebbero riusciti ad ottenere decine di deleghe di elettori anziani e ammalati, e anche di persone decedute per il cosiddetto «accompagno» in cabina.

Nell’inchiesta risultano ufficialmente indagati anche Paola Serranò, consigliera uscente del Pd non ricandidata nel 2020, Elena Cotugno e Serena Minniti, sfiorati nella prima fase delle indagini.

La destra, che aveva mobilitato anche i gruppi parlamentari per chiedere l’annullamento del voto, da ieri tace. E mentre il sindaco Peppe Falcomatà (Pd), anche lui in rigoroso silenzio, presentava a Palazzo San Giorgio il Piano spiaggia 2021, l’unico a parlare era Luigi de Magistris, candidato presidente alle regionali di ottobre. «Esprimo la mia solidarietà alla cittadinanza reggina, cui è stato negato un diritto costituzionale come quello di avere elezioni libere e democratiche. La politica locale si assuma tutte le responsabilità del caso senza tentennamenti, facendo mea culpa per aver danneggiato i propri cittadini e l’immagine della città». In attesa della prossima puntata.