Nel mese che vede nella giornata del 25 novembre la celebrazione della battaglia per contrastare la violenza sulle donne, molte sono le riflessioni e le proposte che la drammaticità dei dati annuali sollecita in tutti noi, uomini e donne. Di fronte all’aumento delle uccisioni di donne, mentre gli omicidi, come dato assoluto, diminuiscono, ci chiediamo come e dove intervenire con leggi e azioni di sostegno.

Di fronte alle storie di violenza che scorrono davanti ai nostri occhi è normale chiedersi quale sia l’immaginario a cui attinge il retaggio della relazione tra uomini e donne che stiamo combattendo. Sappiamo che dobbiamo reagire contro la frequente immagine della donna come oggetto sessuale; sappiamo che dobbiamo ancora lottare perché ai vertici istituzionali, aziendali, professionali, nel nostro Paese, siedano almeno tante donne quante sono gli uomini.

Ma quante e quali delle figure fondanti della nostra identità civica, politica, culturale ed artistica sono anche femminili? È una domanda che dobbiamo porci se pensiamo che l’immaginario di una società non sia solo la fonte cui attingere, ma anche la proiezione delle aspirazioni e degli ideali a cui dobbiamo riferirci. Ideare e ripensare l’impostazione di una società significa anche lavorare su valori ed esempi condivisi. Ecco perché in questo quadro deve necessariamente venire integrato un lavoro minuzioso e culturalmente qualificato per far sì che venga tributato alle donne il giusto e doveroso riconoscimento nei processi politici, sociali e culturali.

In questo senso va il lavoro di valorizzazione che insieme alla Fondazione Nilde Iotti e associazioni come Anppia, Anpi e Anci stiamo avviando sulle figure delle madri costituenti, le 21 donne elette il 2 giugno 1946, che per la prima volta in quell’anno storico per la nostra democrazia entrarono nel più alto livello rappresentativo per l’avvio di un percorso che dopo oltre 70 anni ancora non possiamo considerare concluso. Celebrare queste donne, il loro lavoro, il loro contributo al Paese, palesemente ed evidentemente meno noto alle cronache rispetto a quello dei loro colleghi uomini, i Padri costituenti, è un obiettivo raggiungibile.

Se quella pattuglia di donne che con il suo contributo ha reso possibile una dimensione pubblica dell’impegno fino a quel punto pressoché sconosciuta, in un contesto che relegava le donne prevalentemente all’interno della dimensione domestica, oggi abbiamo il dovere e l’opportunità di appianare questo gap storico attraverso scelte immediatamente visibili e chiare. L’obiettivo è intitolare a queste protagoniste della storia del Novecento italiano vie e piazze in maniera molto più visibile di quanto lo sia oggi, nelle grandi città così come nei piccoli borghi, dal Nord al Sud del Paese, come è stato giustamente fatto con i colleghi uomini che hanno dato il via al percorso che portò alla nostra Carta Costituzionale. La riterrei un’iniziativa utile, nella visione di un doppio binario che tenga insieme il lavoro culturale e l’iniziativa legislativa, per incidere sull’immaginario collettivo e provare sbriciolare il terreno su cui si ancora la violenza sulle donne.

*vicepresidente del Senato