Non ci sarà nessuna presa di posizione unitaria del Parlamento quando giovedì il governo presenterà alle Camere il dl varato il giorno stesso, con acclusa risoluzione che permetterà a Conte e Gualtieri di scostarsi di due decimali dal bilancio previsto. Non voterà quel documento Salvini, non lo farà Giorgia Meloni e probabilmente neppure Fi. La speranza residua del governo, per non offrire un’immagine troppo divisa e lacerata del Paese di fronte al mondo nel momento più delicato, è che l’opposizione si limiti a non votare senza bocciare la risoluzione. Sarebbe meglio che niente.

NEPPURE LA MAGGIORANZA arriva davvero unita all’appuntamento, anche se scontri aperti in un momento come questo non se li può permettere nessuno. Ma nessuna delle tre riunioni preparatorie del decreto è una passeggiata per Conte e Gualtieri. Non il vertice di maggioranza di ieri pomeriggio, presenti tutti i capidelegazione, Bonafede per i 5S, Franceschini per il Pd, Bellanova per Iv, Speranza per LeU, più viceministri e dirigenti vari, oltre naturalmente al premier e al ministro dell’Economia. Non quello notturno con i capigruppo di maggioranza e opposizione e neppure quello con le parti sociali in agenda per oggi. Con accenti molto diversi in tutti e tre i tavoli rimbalza la stessa critica: i 3,6 miliardi concordati da Gualtieri con la commissione europea non bastano.

IV E M5S SI PRESENTANO con i loro elenchi di proposte sia per fronteggiare l’emergenza virus che per tentare quel rilancio dell’economia di cui Conte parla da mesi senza che si concretizzi mai. Salvini aveva illustrato il suo piano anche prima del vertice. Sono elenchi folti, dettagliati, costosi. Impossibili senza un intervento molto più drastico della Ue.

SALVINI CHIEDE la sospensione di tasse e mutui per tutto il 2020, con successiva rateizzazione. Alza la posta: «Per ripartire ci vogliono 50 miliardi». Renzi chiede anche lui di sospendere le rate dei mutui per famiglie e aziende per tutto l’anno e insiste per lo sblocco dei cantieri e la cancellazione di plastic e sugar tax. Crimi, avvelenato per il vertice di lunedì mattina tra Pd e sindacati con l’improvvida partecipazione dei ministri Franceschini e Gualtieri, cerca di restituire spazio e visibilità ai 5S, letteralmente scomparsi da dieici giorni e trattati ormai dal Pd come ruota di scorta, insistendo per una serie di stanziamenti a tutela del made in Italy e delle aziende.

TUTTI RIPETONO che sta all’Europa, ora, allentare e di molto, ben oltre i due decimali sul tavolo attualmente, i vincoli di bilancio. Salvini lo fa con toni molto più bellicosi: «Tre miliardi non sono neanche lontanamente sufficienti. L’Europa non può dire di no, altrimenti la domanda sul senso della permanenza sarebbe lecita. Così il dl non lo votiamo». Già che ci si trova attacca anche il capo della polizia Gabrielli, che in un commento registrato a sua insaputa aveva usato parole molto più che forti nei confronti del leghista. Una zuffa nel momento più sbagliato.

MA ANCHE SE I TONI sono diversi, sulla necessità che la Ue si decida a mollare il rigore sono in realtà d’accordo tutti. La replica di Gualtieri è semplice: i 3,6 mld in questione arriveranno subito, si potranno spendere già dalla settimana prossima. Ora l’essenziale è avere a disposizione questi fondi per affrontare subito le emergenze. Ci saranno tempo e modo, più tardi e in una situazione del Paese e del Continente più nitidamente delineata, per avanzare nuove richieste, rivedere il bilancio al momento della presentazione del Def in aprile, stanziare nuovi fondi. La maggioranza, sia pur segnalando a voce altissima che questi due decimali di Pil sono solo un primo passo, si uniformerà alla linea indicata dal ministro, perché, come dice il renziano Marattin prima del vertice pomeridiano: «Come prima cifra da spendere subito questa va bene». L’opposizione non ha ancora deciso ma non è affatto escluso che alla fine anche Salvini, con qualche modifica al progetto originario di decreto, scelga di non votare senza pollice apertamente verso.

MA LA DISPONIBILITÀ EUROPEA su cui scommette Gualtieri è tutta da verificare. Oggi i ministri finanziari si vedranno in videoconferenza, il 15 dovrebbero incontrarsi di persona e misurarsi con l’ipotesi di un maxi piano di investimenti continentali. Ma l’immobilismo della Bce, che mentre la Fed taglia a sorpresa i tassi di interesse, ancora punta sul «contenimento in tempi brevi» del virus non sembra deporre a favore di una Ue e di una Bce diversi da quelli del 2008.