Ministri che spiegano e minimizzano, sindacati e ambientalisti ancora all’attacco. La bozza del decreto Semplificazioni – che dovrebbe andare in consiglio dei ministri settimana prossima – continua a portarsi dietro polemiche e contrapposizioni anche nella stessa maggioranza che appoggia il governo Draghi.

ANALIZZANDO MEGLIO le 45 pagine del testo – ancora non definitivo – e i suoi 44 articoli si scopre che per «accelerare per mettere a terra il Pnrr» (ministro Cingolani dixit) non c’è solo la deregulation del subappalto e il ritorno delle gare al massimo ribasso.
Un nuovo capitolo viene criticato dalle associazioni ambientaliste: quello sulla rigenerazione urbana. All’articolo 18 si prevede una bella colata di cemento anche nei centri storici: «Nelle zone omogenee A, nei centri e nuclei storici consolidati» e altre aree «di particolare pregio storico e architettonico» rispettando i parametri pre-demolizione con «appositi piani urbanistici» e rispettando i palazzo vincolati, si potrà così ricostruire anche con «ampliamenti fuori sagoma o innalzamento dell’altezza» purché «nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti».

Con il decreto si istituiranno poi una serie di strutture ad hoc per dare una corsia preferenziale alle opere del Recovery Plan, dalla Soprintendenza unica alla supercommissione tecnica per la valutazione di impatto ambientale, ma anche dotando di un «Comitato speciale» il Consiglio superiore dei lavori pubblici e rafforzando la banca dati nazionale dei contratti pubblici dell’Anac. Tra i settori oggetto di semplificazioni quello delle Tlc, con il taglio dei tempi per la posa della banda larga, ma anche quello dei servizi digitali della pubblica amministrazione: ci saranno, ad esempio, degli «avvisi di cortesia» delle notifiche digitali per chi non ha la Pec, mentre sarà «attribuito» un domicilio digitale a chi non ce l’ha. Oltre alla revisione delle norme sugli appalti, per le opere che saranno individuate come di «particolare complessità o rilevante impatto» ci sarà una ulteriore procedura accelerata che taglierà i tempi che intercorrono tra la presentazione del progetto da parte della stazione appaltante e la gara per far partire il cantiere. Saranno anche dimezzati i tempi per il dibattito pubblico e riviste le soglie che vi devono essere sottoposte obbligatoriamente.

PER TUTTE QUESTE RAGIONI il giudizio espresso ieri da Libera è molto duro. «I contenuti delle bozze del decreto semplificazioni sul codice degli appalti suscitano grande preoccupazione. Nel provvedimento si prevede una proroga fino al 2026 delle deroghe al Codice degli appalti, con un ulteriore innalzamento delle soglie per affidamenti diretti senza gara. La pericolosa logica emergenziale della “fuga dalle regole” allarga così il suo raggio di applicazione e si estende all’intero arco temporale di gestione dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Torna nella bozza il cosiddetto “appalto integrato”, in cui progettazione ed esecuzione dei lavori sono oggetto della stessa gara e quindi affidati allo stesso aggiudicatario, con una pericolosa commistione di ruoli che depotenzia la funzione pubblica di programmazione e controllo. Per le opere del Recovery viene infatti abrogato il divieto di affidamento congiunto previsto dal Codice degli appalti e l’aggiudicazione può avvenire sulla base del criterio del prezzo più basso. Un meccanismo dagli effetti negativi ben noti: deresponsabilizzazione delle stazioni appaltanti da un lato, dall’altro gli incentivi per le imprese a recuperare sui costi con accordi collusivi, perizie suppletive e varianti d’opera, oppure allentando le tutele alla sicurezza dei lavoratori. Illudersi di velocizzare le procedure per questa via è una strategia miope e rischiosa, che apre la strada ad una liberalizzazione di fatto potenzialmente criminogena delle gare d’appalto, un vero e proprio “liberi tutti” per mafie e corruzione», conclude Libera.

E NELLA MAGGIORANZA ad appoggiare le critiche di Cgil, Cisl e Uil che con due categorie – edili e terziario – hanno minacciato lo sciopero generale, arriva il capogruppo alla camera di Leu Federico Fornaro: «Liberalizzare l’utilizzo senza limiti dei subappalti per velocizzare le opere pubbliche è un rimedio ben peggiore del male. Con il Codice degli appalti si era regolamentata la materia con risultati positivi nella lotta alla corruzione e nella sicurezza del lavoro. La velocizzazione necessaria per rispettare i tempi del Recovery non può e non deve significare meno sicurezza per i lavoratori e abbassare l’asticella nel contrasto alle infiltrazioni della criminalità organizzata. Si riducano i tempi delle procedure di aggiudicazione ma si continui a tenere la barra dritta della lotta alla corruzione e alle mafie e della massima tutela della sicurezza di chi lavora», conclude Fornaro.