È iniziata ieri la discussione per la conversione del decreto legge Alitalia. Una conversione che si annuncia complicata e piena di modifiche e figlia di un’indagine parlamentare veloce ma approfondita. E nella quale le posizioni favorevoli all’intervento pubblico non transitorio e contrarie ad una «svendita» appaiono nettamente in maggioranza. Il decreto, firmato dal ministro dello Sviluppo Carlo Calenda, prevede la proroga fino al 31 ottobre il termine per la vendita e fino al 15 dicembre 2018 quello per il rimborso del prestito statale da 900 milioni. È stato incardinato in Commissione speciale al Senato. Il relatore Mario Turco (M5s) ha spiegato che martedì prossimo si terrà un Ufficio di presidenza «che andrà ad individuare i contenuti delle audizioni e le parti da chiamare». Turco ha specificato di aver chiesto audizioni formali e di aver fatto una «richiesta ampia» per quanto riguarda le parti da sentire, ossia i tre commissari straordinari Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari, i tre ministeri coinvolti (Padoan, Delrio e Calenda) e i sindacati.
«Accettare la proroga sui termini delle procedure di cessione di Alitalia non significa che il M5S spinga per una cessione della compagnia di bandiera: si tratta di un atto di responsabilità nei confronti dell’azienda e di chi ci lavora, soprattutto alla luce dello stallo politico che viviamo», hanno commentato i senatori M5S. A favore di un intervento pubblico duraturo sono anche la Lega e Leu. Per l’economista della Lega Claudio Borghi, membro della commissione speciale di Montecitorio, ad Alitalia serve «un rilancio da fare prevedendo l’intervento statale, pensando in grande nell’ottica di una vera compagnia di bandiera».
«Già nella scorsa legislatura avevamo proposto l’ingresso di Cassa depositi e prestini», dichiara Stefano Fassina (Leu). «Serve il tempo necessario per una scelta di un partner industriale che tuteli gli interessi italiani evitando che Alitalia diventi una compagnia regionale di un altro vettore europeo».