Decreti legge che mangiano altri decreti legge, in parlamento li chiamano «decreti minotauro». Il governo Conte 2 aveva segnato un record, utilizzando ben 13 volte questa tecnica. Non proprio sconosciuta in precedenza – quando non c’era da affrontare una pandemia – usata però con prudenza perché censurata dalla Corte costituzionale: «Pregiudica la chiarezza delle leggi e l’intelligibilità dell’ordinamento». Ma ecco che il governo Draghi alla sua prima occasione ci casca anche lui. Il decreto legge che proroga il divieto di spostamenti tra regioni, approvato lunedì da un esordiente Consiglio dei ministri e firmato ieri sera da Mattarella, sarà travasato per intero in uno degli ultimi decreti di Conte, già pronto per l’aula del senato e bloccato allo scopo.

E così il termine di scadenza del primo decreto legge del governo Draghi – in quanto provvedimenti di «necessità e urgenza», i decreti devono essere convertiti dal parlamento entro sessanta giorni oppure decadono – diventa brevissimo. Diventa quello del decreto «minotauro» che se lo mangia, vale a dire il 14 marzo. Significa che il parlamento avrà appena diciotto giorni (meno della metà del termine costituzionale) per votare il primo provvedimento del nuovo governo. E non potrà modificarlo, visto che siamo ancora in prima lettura. Anche stavolta l’esame sarà sostanzialmente monocamerale.

Non è un caso limite, nel recente passato abbiamo visto anche due decreti «mangiati» contemporaneamente da un precedente decreto legge. La spiegazione sta (anche) nel fatto che le misure contenute in questi provvedimenti anti Covid hanno spesso scadenze precedenti al termine di conversione. Il nuovo divieto di spostamento tra regioni, ad esempio, termina il 27 marzo mentre, se non fosse stato assorbito, il decreto legge avrebbe potuto essere convertito a fine aprile. Ma questa tecnica legislativa è più che spericolata: nell’ordinamento italiano c’è l’esplicito divieto di regolare con un nuovo decreto legge i rapporti giuridici sorti con un vecchio decreto non convertito.

Il parlamento ne è ben consapevole, visto che il comitato della legislazione di Montecitorio ha approvato a gennaio un articolato parere in cui si sottolineano tutte le criticità dei «decreti minotauro». Non solo, già il mese scorso, in fase di conversione di un decreto legge che ne assorbiva altri due precedenti, la camera approvò un ordine del giorno in cui il governo si impegnava «a limitare tale fenomeno a circostanze di assoluta eccezionalità». Impegno non mantenuto, eppure ribadito proprio ieri con l’accoglimento di un nuovo ordine del giorno (in questo caso al decreto Milleproroghe) di Stefano Ceccanti, deputato Pd e presidente del comitato per la legislazione. Ironia della sorte, lo stesso giorno in cui il nuovo governo ha deciso di farlo ancora.