Il decreto sicurezza comincia (articolo 1) con la cancellazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari – di gran lunga il più utilizzato per l’accoglienza dei profughi – e finisce (articolo 41) con nuove regole per l’iscrizione delle squadre di calcio ai calendari di serie A e B. Il Quirinale preannuncia un «attento esame» sul testo che dovrebbe arrivare da palazzo Chigi oggi o domani, potrebbe anche soffermarsi sull’eterogeneità dei contenuti. Oltre che sull’esistenza dei requisiti di necessità e urgenza che soli autorizzano il governo a emanare atti di legge. Ma questi sono aspetti formali, mentre è nella sostanza del decreto Salvini che si nascondono – neanche tanto – gli aspetti di incostituzionalità che prima o poi potrebbero fermare le nuove norme volute dal ministro dell’interno. Se il «poi» è affidato alla Corte costituzionale – perché è facilmente prevedibile che qualche tribunale le sottoporrà più di una questione – il «prima» sta tutto nelle mani di Sergio Mattarella che dovrà decidere se prendere per buone le (piccole) limature del testo che ci sono state grazie alla moral suasion del Colle. È probabile che sarà così, perché il controllo del Quirinale in questa fase di emanazione del decreto si esercita in via informale. D’altra parte questo presidente considera molto stretti i suoi margini di intervento anche in sede di promulgazione di una legge. Lo ha detto pubblicamente – «non contano le mie idee… ho l’obbligo di firmare» – e solo una volta (un anno fa per un evidente errore) ha rinviato un testo alle camere.

Tra le novità più a rischio illegittimità c’è sicuramente quella che prevede lo stop alla richiesta di asilo e soprattutto l’immediata espulsione del richiedente condannato anche solo in primo grado per uno di quei reati che, in caso di condanna definitiva, farebbero concludere per il diniego della protezione. Appare in contrasto con l’articolo 27 della Costituzione, la presunzione di non colpevolezza, oltre che con il principio di eguaglianza dal momento che la stretta riguarda solo i migranti. La prova delle pressioni del Quirinale per cambiare il testo sta nel fatto che in una versione del decreto data per definitiva ieri sera lo stop e l’espulsione erano previsti in caso di semplice «procedimento penale», cioè iscrizione al registro degli indagati. Collegata con l’attribuzione al migrante di un grado di «pericolosità sociale» che però si presume per una serie di condotte delittuose che il decreto allarga a dismisura. Se oggi si può rifiutare l’asilo solo per terrorismo o mafia, domani sarà possibile anche per furto aggravato o violenza a pubblico ufficiale (non più resistenza, come in una prima bozza). Sembra violare il principio di eguaglianza anche la novità della cittadinanza revocabile solo per gli stranieri che l’abbiano acquisita perché nati in Italia (al 18esimo anno) o per matrimonio, nel caso di condanna definitiva per reati di terrorismo (bastano 5 anni). Una norma del genere in Francia era stata ipotizzata all’interno della dichiarazione di stato di emergenza, con una riforma costituzionale, ed è stata comunque ritirata dopo ampio dibattito; qui si vuole procedere per decreto.

Assai al limite anche il prolungamento fino a 180 giorni della detenzione amministrativa nei centri di permanenza per il rimpatrio, ma anche in strutture di polizia diverse dai centri. «Una previsione – secondo l’ex direttore del dipartimento immigrazione del viminale Mario Morcone, oggi direttore del Consiglio italiano per i rifugiati – che fa venire meno tutte le garanzie procedurali e avvia una militarizzazione del tema dell’immigrazione». «È un testo gravemente lesivo dei diritti civili e umani che non si concilia né con lo spirito né con la lettera della Costituzione», secondo la senatrice di LeU Loredana De Petris. Il giudizio negativo arriva anche da diverse associazioni (Arci, Acli) oltre che dalla Cgil e dall’Associazione dei comuni italiani. «Speriamo che in parlamento possano essere apportate significative modifiche», aggiunge Morcone. L’esame del testo comincerà dal senato