La data per l’approvazione del primo decreto del governo gialloverde ora c’è, ma è un rinvio. Il «decreto dignità», in quota Luigi Di Maio (Cinque Stelle), doveva essere approvato dal Consiglio dei ministri questa settimana ed è stato spostato a «lunedì o martedì» prossimi. Lo ha detto il vicepremier e minuistro del lavoro e dello sviluppo pentastellato ieri all’uscita dal Consiglio dei ministri che ha prorogato dal primo luglio al primo gennaio 2019 la fatturazione elettronica per cessioni carburanti. È la prima «promessa», così l’ha definita Di Maio, soddisfatta dal governo. Per i benzinai è stata sufficiente per revocare lo sciopero del 25-26 giugno. La misura è stata chiesta anche da Assopetroli per contrastare il contrabbando dei carburanti. Il Cdm ha approvato anche due disegni di legge, su proposta del ministro dell’Economia Giovanni Tria sul rendiconto generale e sull’assestamento del bilancio di previsione dello Stato.

RESTA IL NODO delle coperture per le altre misure contenute nel decretone estivo che contiene i titoli sulla semplificazione fiscale, la stretta sui contratti a termine, l’abolizione dello staff leasing, la speculazione sul gioco d’azzardo e colpisce le delocalizzazioni delle imprese sovvenzionate dentro l’Unione Europea. Va ricordato che dal «decreto dignità» è stata «congelata» – o cancellata – la misura più interessante che avrebbe prosciugato una delle cause dello sfruttamento dei ciclo-fattorini («riders») da parte delle piattaforme digitali: il riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato. Se ne riparlerà lunedì 2 luglio a un tavolo al ministero, ma le prospettive sembrano al momento molto diverse

«DATEMI ANCORA qualche giorno e manterrò l’altra promessa – ha detto Di Maio, prodigo, su Facebook – Ora il decreto sta facendo il giro delle sette Chiese, per le bollinature ma la settimana prossima, al massimo lunedì o martedì, sarà approvato dal Consiglio dei ministri».

NEL FINE SETTIMANA Di Maio dovrà affrontare la prima opposizione al suo governo: quella di COnfindustria, Confesercenti e Confcommercio sulla timida riforma dei contratti a termine che conferma la liberalizzazione del primo contratto a tempo determinato stabilita dal Jobs Act di Renzi per i primi 12 mesi. La «causale» scatta solo dopo, al momento del primo rinnovo e prevederebbe l’aumento del costo contributivo dello 0,5 (una versione precedente delle bozze parlava invece di un punto per ogni rinnovo). Le proroghe scenderebbero da 5 a 4 ma sempre nei 36 mesi, come stabilito dalla renzianissima riforma che si voleva un tempo abolire.

A VINCENZO BOCCIA (Confindustria) , il moderatismo educato del governo non va bene. Ed evoca scenari catastrofici, spinto anche da un tam tam che – com’era prevedibile rimbalza dai giornali alle Tv agli esperti dichiaratori del settore, tutti ovviamente industriali: «L’occupazione non si genera irrigidendo le regole». «Gli interventi sui contratti a termine segnano il ritorno a un periodo di incertezza, ad un incremento del contezioso e ad una ricaduta negativa sull’occupazione» gli ha fatto eco Confcommercio. «Stabilire un aumento dei costi del lavoro rischia di causare incertezza fra gli operatori» è il suggello di Confesercenti. Non va dimenticato che la liberalizzazione di questi contratti è stata il motore dell’abnorme produzione di occupazione precaria attuale, come attestano tutte le rilevazioni statistiche. Vedremo se, e come, il governo resisterà al contrattacco che fa battere il cuore alla sua base leghista. Boccia ha chiesto un confronto al governo. Da fare in tempi strettissimi, evidentemente.

È UN PICCOLO banco di prova per Di Maio che ha promesso, il giorno del suo insediamento da ministro del lavoro e dello sviluppo, di rispettare sia gli imprenditori che i precari. C’è tempo fino a «lunedì o martedì»per capire in che misura riuscirà ad essere «né di destra, né di sinistra». Ma ecumenico.