Con il «decreto Agosto» una nuova pioggia di bonus da due miliardi di euro cadrà su bar e ristoranti. Gli effetti evaporeranno quando il solleone tornerà a surriscaldare il deserto della recessione. La metafora meteorologica coglie il senso di un provvedimento che, già dal nome, è congiunturale e risponde a problemi strutturali, provocati dalla crisi economica innescata dal Covid e difficilmente aggirabili, con le ormai consuete ricette temporanee ed emergenziali già viste nei decreti «Cura Italia» o «Rilancio». Nel ventaglio delle misure da 25 miliardi complessivi che dovrebbero essere approvate dal Consiglio dei ministri dopodomani ed essere pubblicate in Gazzetta Ufficiale nei giorni successivi quelle per la ristorazione, oltre che per l’arredo e il commercio al dettaglio come le calzature rischiano di non rispondere alla necessità di evitare una catena di fallimenti, rinviandoli solo di qualche mese. L’ipotesi allo studio del governo non sarebbe l’erogazione diretta delle risorse agli esercenti o ai clienti, ma un incentivo al consumo fino al 31 dicembre che prevede uno storno su una parte dell’importo speso in bar e ristoranti con carta di credito o bancomat. Nelle intenzioni questo renderebbe più semplice il già complicato meccanismo del rimborso, anche sul fronte della lotta all’evasione fiscale.

Ma non tutti la pensano allo stesso modo. Per Confesercenti, ad esempio, privilegiare la moneta elettronica rispetto al contante in questa fase è una discriminazione. Così come lo è l’esclusione di altri settori che avrebbero ugualmente bisogno di incentivi, non a pioggia, ma strutturali. Resta anche da capire se il modo più efficace per sostenere la domanda non sia invece un sostegno diretto, continuo e incondizionato al reddito dei lavoratori, dei consumatori o dei disoccupati. Questa ipotesi esclude per principio la politica dei bonus a pioggia (per monopattini, per le vacanze, per le auto ecc.), ma sembra essere stata esclusa sin da subito dal governo a favore di un sostegno diretto o indiretto alle imprese. È probabile che si tema la possibilità per cui chi ha un reddito preferisce risparmiare e rinviare le spese, anche quelle durante i saldi. Chi non ha un reddito, e si ritrova più povero di prima, non spende e non risparmia nulla. In quest’ultimo caso è escluso che si torni a spendere, se non per la stretta sopravvivenza, non avendo a disposizione nemmeno le risorse primarie. In queste condizioni è difficile fare politiche per la domanda se le risorse sono maldistribuite con esiti prevedibilmente insoddisfacenti.

Oltre all’estensione di altre 18 settimane di cassa integrazione, Naspi e Discoll, e al prolungamento del blocco dei licenziamenti, un altro pilastro del «decreto agosto» dovrebbe essere una nuova pioggia di incentivi contributivi di sei mesi nella speranza che le imprese trovino più conveniente risparmiare 3 mila euro per i dipendenti, oltre 2700 per un cameriere assunto nel turismo che continuare ad usare la Cig. A parte l’impressione che il governo stia creando una pentola a pressione che esploderà da gennaio 2021 con un’ondata di licenziamenti, anche questa politica è temporanea e non sembra in grado di porre le basi per una ripresa duratura. Opzione a dir poco complessa all’inizio di una recessione.