Si sono ammanettati ai banchi, sdraiati in terra per impedire le votazioni, sono saliti sui tetti. Qualche volta, più semplicemente, ma volendo alzare il livello della protesta, sono rimasti fuori dall’aula. Tutto per denunciare il ricorso dei governi – dei governi precedenti – al voto di fiducia. Per il movimento 5 Stelle la scelta di imporre la fiducia è stata, per fare solo qualche esempio, «l’azione di un governo opaco» (come spiegarono nel giugno 2013 i deputati Dell’Orco e Ferraresi, oggi sottosegretari), «una lesione delle prerogative dell’opposizione» (l’attuale ministro Fraccaro nel luglio 2013), «uno schiaffo al parlamento» (l’attuale sottosegretario Fantinati nel novembre 2013). Particolarmente grave, poi, la decisione del governo Gentiloni di «esautorare il parlamento» mettendo la fiducia sul decreto Minniti sull’immigrazione «contestato dalle organizzazioni umanitarie internazionali» e che «introduce un’arbitraria distinzione tra i meritevoli di presentare domanda di protezione internazionale e i “migranti economici”». Perché con un decreto e con la fiducia non si poteva «affrontare alla radice il problema dei flussi migratori» ma solo «dare inutili soluzioni emergenziali». Così spiegevano, tra gli altri, l’attuale ministro Toninelli e il relatore del decreto Salvini, Brescia, ed era solo l’aprile dell’anno scorso.

Conquistata la maggioranza, i 5 Stelle promisero «centralità del parlamento» contro «l’abuso governativo di strumenti che dovrebbero essere residuali»; «non consentirò scorciatoie né forzature del dibattito parlamentare» fu il primo annuncio del presidente della camera Fico. Il comitato per la legislazione di Montecitorio, presieduto da una deputata M5S, ha recentemente certificato che nei primi sei mesi di questa legislatura 9 leggi su 11 (l’82%) sono state semplici conversioni di decreti legge. Nei primi sei mesi della scorsa legislatura erano state 9 su 17 (il 53%).

Al calcolo va aggiunto però che quattro decreti su nove dell’inizio di questa legislatura erano eredità del governo Gentiloni. Se si confrontano invece il numero di decreti del governo Conte fino a qui (10 in 8 mesi) con quello dei governi precedenti nello stesso tempo, si scopre che siamo sui livelli del governo Gentiloni e molto al di sotto dei governi Letta e Renzi. Quanto alle fiducie, invece, per Conte questa è la terza richiesta (dopo il decreto milleproroghe e lo stesso decreto sicurezza al senato), più del governo Letta che si era fermato a due (su due decreti). Mentre assai peggio aveva fatto Gentiloni (16 fiducie nei primi 8 mesi, nel 50% dei casi si trattava di decreti) e soprattutto Renzi (25 fiducie in otto mesi, in 20 casi si trattava di decreti legge)