Si aggrava la condizione di Gaza e non solo per le devastazioni subite dalla Striscia durante l’attacco militare israeliano dello scorso anno. Il quadro politico si complica con il passare dei mesi, a causa anche dello scontro tra Hamas e Fatah. La sinistra palestinese di fronte a ciò resta ininfluente, incapace di incidere e di far passare le sue posizioni. Ne abbiamo parlato con Imad Abu Rahma, dirigente del Fronte popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp), l’espressione più importante della sinistra palestinese.

 

Sono insistenti le voci di una intesa segreta, mediata dal Qatar, tra Hamas e Israele, così come non mancano i timori di un nuovo conflitto. Cosa dobbiamo attenderci per Gaza a quasi un anno da “Margine Protettivo”

Ben poco di nuovo e di positivo. I palestinesi sono spaccati su questo scontro privo di senso tra (il partito del presidente Abu Mazen) Fatah e Hamas. Il mondo arabo intanto pensa a ben altro, non certo ai palestinesi che sono stati archiviati. E’ una condizione ideale per Israele, che non andrà oltre qualche aggiustamento minimo della situazione giusto che garantirsi la tranquillità di Gaza. In tutto questo le mediazioni vere o presunte del Qatar mirano a consolidare a Gaza il potere solo di una parte, a danno degli interessi di tutto il popolo palestinese.

 

Esiste a Gaza un vero dibattito politico tra le varie forze palestinesi

Il dibattito esiste ma dobbiamo essere realisti. Se vuoi far valere le tue posizioni devi essere forte e la sinistra palestinese è debole, la sua voce è flebile. Ci sono due forze Hamas e Fatah e tra di esse le altre formazioni palestinesi che provano ad articolare il dibattito, ad arricchirlo, ma i risultati sono scarsi.

 

Qual’è la posizione del Fplp sullo scontro tra Hamas e Fatah

Pensiamo che la responsabilità di questa spaccatura debba essere attribuita non solo ad Abu Mazen ma anche ad Hamas. Ogni volta che Abu Mazen si sente più forte congela la riconciliazione con Hamas. Lo stesso vale per la parte avversa. Quando l’ex presidente egiziano Morsi (un dirigente dei Fratelli musulmani, ndr) andò al potere, i leader di Hamas si sentirono garantiti e misero da parte la pace con Fatah. E va avanti così da anni. L’unica via d’uscita a questa situazione è andare al più presto alle elezioni. Facciamo decidere al nostro popolo.

 

Come sono le relazioni tra il Fplp e Hamas qui a Gaza

C’è rispetto reciproco ma Hamas è anche l’autorità di governo e si comporta da autorità. Specie sulle questioni di sicurezza. Se, ad esempio, un militante di una determinata forza politica decidesse domani di attaccare le forze armate israeliane verrebbe certamente fermato e arrestato dalla polizia di Hamas che ha deciso unilateralmente che il cessate il fuoco va mantenuto, punto e basta. Noi del Fplp pensiamo che i palestinesi debbano decidere insieme tutto e non soltanto Fatah e Hamas. Ci occorre un programma nazionale ma la sinistra resta debole e priva di potere contrattuale.

 

Quali sono le ragioni di questa debolezza

In verità sono tante. Senza dubbio una di esse è il mancato cambiamento. Le leadership continuano a pensare e a funzionare come 20 o 30 anni fa, in un contesto locale e regionale che si è in gran parte modificato. I vertici sono rimasti gli stessi, invecchiati ma gli stessi, e questo ha creato un scollamento tra i dirigenti e i militanti più giovani. Paghiamo inoltre anche il conto degli errori commessi quando furono firmati gli Accordi di Oslo. Il nostro comportamento è stato incoerente. Inizialmente quelle intese disastrose per il nostro popolo le respingemmo. Poi, con il tempo, ci siamo adeguati, al punto da partecipare alle elezioni e di avere una nostra presenza nelle istituzioni palestinesi create proprio da Oslo. Per questo occorre pensare a un nuovo modo di fare politica

 

Qual’è questo nuovo modo?

Dare spazio alla democrazia interna. I nostri giovani ci chiedono una politica inserita all’interno della realtà palestinese attuale ma non riescono ad ottenere questo cambiamento perchè anche nel Fplp non c’è sufficiente democrazia. Sono un dirigente relativamente giovane e posso confermare che le difficoltà sono vere.

 

Lei parla di una sinistra e di un Fplp che devono rinnovarsi e di un maggiore inserimento nella realtà palestinese. Vuol dire fare i conti anche con la sempre più diffusa religiosità tra i palestinesi?

Sì, ma senza abbandonare i nostri principi e i nostri valori. Dobbiamo continuare a lavorare per la separazione tra Stato e religione, per uno Stato laico e rispettoso della democrazia, per uno Stato palestinese in Cisgiordania, Gaza con capitale Gerusalemme fino al nostro obiettivo principale che resta quello di dare vita a uno Stato unico in Palestina (per palestinesi e israeliani,ndr), senza differenze, per tutti in completa uguaglianza.