Nella giornata di ieri, sono stati registrati 17 mila nuovi casi positivi al coronavirus e 625 decessi per Covid-19. Il tasso di positività dei 140 mila test effettuati è al 12,5%, ma in molte regioni il dato è falsato dal gran numero di test antigenici rapidi. Il numero dei decessi non cala come ci si sarebbe aspettato alla fine della seconda ondata. Il fatto è che la seconda ondata non è mai davvero finita, come testimonia il gran numero di pazienti tuttora ricoverati. I dati sulle terapie intensive sono stabili ma non rassicuranti (2.587 pazienti) ma in area medica i malati aumentano (+22) invece di diminuire. E il trend non suggerisce miglioramenti prossimi venturi.

IL RAPPORTO SETTIMANALE della cabina di regia formata da ministero della Salute, Istituto Superiore di Sanità e Regioni mostra al contrario un indice di trasmissione Rt in aumento da 4 settimane consecutive e ritornato al di sopra di 1 a livello nazionale (1,03). I valori più alti si registrano in Lombardia (1,27 come il Molise, in cui però il numero di casi è troppo limitato e soggetto a oscillazioni poco significative) e Calabria (1,14). L’indice sintetizza l’andamento dei contagi, e quando è maggiore di 1 indica un’epidemia in espansione. In effetti nelle ultime due settimane i casi sono stati 313 ogni centomila abitanti, più dei 305 del periodo precedente. Gli epidemiologi dell’Iss avvertono che il contagio potrebbe essere persino sottovalutato: «La settimana di valutazione è quella a cavallo del nuovo anno ed è stata caratterizzata da un numero particolarmente basso di tamponi nelle giornate festive. Permane una diffusa difficoltà nella tempestività dell’invio dei dati». Gli attuali livelli di contagio sono ben lontani da quelli che «permetterebbero il completo ripristino sull’intero territorio nazionale dell’identificazione dei casi e tracciamento dei loro contatti. Il servizio sanitario ha mostrato i primi segni di criticità quando il valore a livello nazionale ha superato i 50 casi per centomila abitanti in sette giorni» e oggi siamo su numeri tre volte maggiori, a quota 166.

LA SITUAZIONE è particolarmente grave in Veneto, dove i casi ogni centomila abitanti in 7 giorni sono addirittura 454, nove volte oltre il livello di tenuta. La regione è stata collocata nella zona “arancione” da un’ordinanza del ministro Roberto Speranza, insieme a Calabria, Emilia-Romagna, Lombardia e Sicilia. L’ordinanza entrerà in vigore domenica e rimarrà valida fino a venerdì 15. Ma la pressione sulle strutture sanitarie è generalizzata, con 11 regioni oltre la soglia critica nel tasso di occupazione dei reparti ospedalieri. Secondo il presidente Iss Silvio Brusaferro, che ha presentato i dati alla stampa, serviranno «nuovi indicatori e nuove soglie» per riportare sotto controllo i focolai.

L’EFFETTO DEI VACCINI sul contagio si farà attendere, anche se il ritmo delle somministrazioni è sostenuto. Sono state quasi novantamila in 24 ore e il totale dei vaccinati ieri ha superato le 400 mila unità, ma per vedere l’effetto di mitigazione sul contagio occorre attendere. «La risposta migliore per contrastare la ripresa dei contagi mentre attendiamo gli effetti del vaccino è quella di un monitoraggio continuo e di un mantenimento delle misure stringenti nel bimestre febbraio-marzo», spiega Brusaferro. Sarà in quel periodo che, dopo gli operatori sanitari, si passerà a vaccinare persone anziane e pazienti fragili. Saranno di aiuto le nuove scorte di vaccini assicurate dall’Unione Europea e annunciate da Ursula von der Leyen.

L’Unione ha acquistato altre 200 milioni di dosi da Pfizer/BioNTech, da consegnare nel secondo trimestre del 2021. La quota italiana basterà a vaccinare circa 13 milioni di persone. Le dosi si aggiungeranno a quelle in arrivo dalla Moderna (circa 6 milioni di qui a giugno) e, forse, da AstraZeneca. L’Agenzia europea del farmaco ha annunciato di aver ricevuto nuovi dati sulla sperimentazione del vaccino sviluppato all’università di Oxford, ma di attendere ancora la domanda di autorizzazione al commercio di AstraZeneca.

Un’altra buona notizia riguarda il vaccino Pfizer: secondo studi dell’azienda anticipati dalla Reuters, gli anticorpi dei vaccinati sono efficaci contro la mutazione N501Y, una di quelle che caratterizzano la cosiddetta “variante inglese” del coronavirus che gli scienziati chiamano B1.1.7 e ritengono del 50% più contagiosa.