Sarà la festa del forfait, delle assenze polemiche e delle foto sbianchettate. Nella più classica – a sinistra – tradizione morettiana (nel senso di Nanni, il regista) stamattina al Teatro Eliseo di Roma, alla celebrazione dei primi dieci anni di vita del Pd, si noteranno più gli assenti che i presenti.

A INCARICARSI DI ESPRIMERE il gelo diffuso intorno al compleanno del partito – il 14 ottobre del 2007 Walter Veltroni fu eletto primo segretario con le primarie, tre milioni e mezzo di votanti – è Arturo Parisi: «Dopo l’approvazione del Rosatellum, grave nel merito e nel metodo, il decennale del Pd, invece di un giorno di festa s’è trasformato in un giorno di lutto». Parisi non è stato neanche invitato.

«UNA SCIATTERIA dell’organizzazione nel coordinamento delle agende», spiega lui con amarezza, «e dire che io e Romano qualche ruolo l’abbiamo avuto». E sì, anche Prodi, fondatore e primo presidente, non ci sarà. «Per un impegno preso in precedenza», la versione del Nazareno. «Non è arrivato nessun invito», quella di chi sta vicino al prof.

NON CI SARANNO MOLTI ULIVISTI della prima ora, del resto: non Rosy Bindi e il resto della vecchia corrente prodiana, pur nelle sue mille e litigiose sfumature. La ragione la spiega Franco Monaco, anche lui di quella parrocchia, oggi ancora un deputato Pd ma tendenza Pisapia: «Intenzionale o meno (cosa è peggio?), il mancato invito a Prodi e agli ulivisti si spiega perfettamente. Quello di oggi non c’entra nulla con il nostro Pd. Emorragia di elettori e iscritti, scissioni più cercate che subite, centrosinistra piccolo e diviso, ammiccamenti a Berlusconi, previsioni elettorali infauste, destra e M5S in salute e da ultimo, una legge elettorale pessima imposta con uno strappo istituzionale. Che c’è da celebrare?».

Ma l’elenco degli illustri assenti spazia fra le correnti: fra i fondatori Francesco Rutelli e l’ex premier Enrico Letta, oltreché i fuoriusciti Pier Luigi Bersani e Guglielmo Epifani (due ex segretari), e naturalmente Massimo D’Alema.

ANCHE FRA I LEADER DI OGGI c’è qualche forfait. Non ci sarà il ministro Orlando, della sua minoranza il più alto in grado sarà il governatore Nicola Zingaretti.

Sul palco, nell’ordine, parlerà il primo segretario Veltroni, il presidente del consiglio Gentiloni e il segretario Matteo Renzi. Sotto il palco, a fare il vuoto fra le prime file è un mix di scarsa diplomazia, rancori, disorganizzazione. E dissenso: il fatto che l’appuntamento cada all’indomani dell’approvazione con voto di fiducia del Rosatellum ha inasprito i dissensi. E reso meno opportuno indulgere sull’autocelebrazione.

PROVA A METTERCI UNA PEZZA il vicesegretario Maurizio Martina: il decennale «sarà un momento di festa e riflessione aperto a tutti con grande rispetto per le storie e i contributi personali che hanno attraversato e attraversano ancora oggi la nostra comunità», dice. Aperto, dunque, ma senza inviti, chi vuole viene e ascolta i tre comizi. E così anche Dario Franceschini che sarà «fra il pubblico», «da ex segretario del Pd e da primo capogruppo dell’Ulivo per festeggiare non solo i dieci anni ma anche il passo compiuto (la prima approvazione del Rosatellum, ndr), che spingerà a riunire le forze che in questi anni hanno dato vita proprio a Ulivo e Pd, per battere destra e Grillo». Insomma, la legge spinge «più di tutti gli altri modelli di cui si è discusso negli ultimi mesi, verso le coalizioni e quindi verso la ricomposizione del campo del centrosinistra».
IL MINISTRO, fan della coalizione dei «sistemici» contro «gli antisistema», sa bene che una lista alla sinistra del Pd si troverà per una qualche alleanza nei collegi, da spacciare per uno straccio di centrosinistra. Va da sé, non sarà la lista di ’sinistra’ che gli ex Pd cercano di radunare: «Il Rosatellum allunga la distanza tra noi e il Pd. Non ci sono le basi per un’alleanza elettorale con il Pd. I nostri elettori non ci seguirebbero, piuttosto ci saluterebbero», ha detto da Palermo ieri Massimo D’Alema. A Pisapia fischiano le orecchie