Sul gesto c’è poco da dire. Ovvio. Ma la retorica, no. Palermo. Quartiere Zen2. Periferia estrema della città, dove regna il degrado nonostante le periodiche passerelle, sotto elezioni o per propaganda, di uomini dello Stato e politici.

Ieri la statua di Giovanni Falcone è stata trovata decapitata. Il busto usato come ariete contro il muro e per rompere una finestra della scuola omnicomprensiva, di fronte alla quale è posizionata l’effigie in marmo che porta il nome del magistrato assassinato dalla mafia nel ’92.

Uno scempio. Era già successo due volte: 5 anni fa qualcuno aveva rotto il naso, 10 anni fa la statua era stata imbrattata. Il busto era stato tirato a lucido pochi giorni prima del 23 maggio, in vista delle celebrazioni per i 25 anni dell’anniversario della strage di Capaci.

Le reazioni sdegnate sono immediate. Viaggiano soprattutto via twitter. Comincia il premier Paolo Gentiloni, a cascata il Guardasigilli Andrea Orlando, la presidente dell’Antimafia Rosy Bindi, il ministro degli esteri Angelino Alfano e così via. Dal Pd fino alla Lega e Forza Italia il coro è unanime. Sdegno e sconcerto per un simbolo violato. Vergogna per lo sfregio all’immagine di un «eroe».

E’ stato vilipendio di mafia? Ci sono le telecamere nella scuola, ma non funzionano. Questione di soldi. Quelli che mancano persino per sistemare le sbarre della cancellata perimetrale divelte dai ragazzini per andare a giocare nel campetto a calcio. Tempo fa un’auto della polizia municipale presidiava il plesso h24, è stata tolta. Certamente chi ha distrutto la statua ha avuto vita facile.

Se il «paese che conta» s’indigna anche perché tra 8 giorni si celebra l’anniversario dell’altra strage – quella di via D’Amelio – chi vive nel quartiere storce il naso davanti ai commenti di chi non ha mai messo piede in queste strade di frontiera. Se la «Falcone» non ha il record italiano per gli atti vandalici poco ci manca. Da quando è stata aperta le incursioni non si contano: pc rubati, finestre rotte, aule devastate, scritte sui muri… Oltre vent’anni di vandalizzazioni, spesso senza troppi clamori. «Chi dice che è un atto contro Giovanni Falcone fa solo propaganda», sbotta Francesca Pitti che abita allo Zen. La giovane assistente sociale, con laurea in tasca pronta per la tesi della specialistica e attivista dei 5 Stelle, lancia la sua provocazione: «La Falcone va chiusa». Cosa? «Ho frequentato la scuola qualche anno fa e di recente ho svolto un tirocinio – racconta – Istituto e insegnanti sono alla mercé dei ragazzi, dentro è un manicomio. E’ come se fosse un mondo a sé, manca il confronto con i giovani di altre zone, non è facile crescere intellettivamente in queste condizioni».

La scuola si trova in via Pensabene, ai margini dei palazzoni dello Zen2, tra desolazione e spazzatura. «E’ isolata – prosegue Francesca – è facile prenderla di mira per chi vive in un quartiere senza servizi dove in alcune zone non ci sono la rete idrica e elettrica. Perché questi atti non accadono nella scuola Sciascia? Semplice, si trova in mezzo agli edifici dello Zen, fa parte integrante del quartiere e quindi la gente la protegge».

Un gesto così eclatante sembra cancellare di colpo ciò che di buono tante associazioni cercano di portare avanti per diffondere la cultura della legalità e del rispetto. «La verità è che le associazioni allo Zen non riescono a innescare il cambiamento – sostiene Francesca Pitti – Molte operano solo per business, ricevono contributi ma sul territorio non rimane nulla». E denuncia: «Anch’io volevo costituire un’associazione per aiutare il mio quartiere ma ho mollato: mi dissero di lasciar perdere se non avevo un referente politico». Oggi i tecnici del comune faranno un sopralluogo, il sindaco Leoluca Orlando assicura: «La statua sarà risistemata».