1992. L’allora 34 enne Xu Jiayin, si trasferisce a Shenzhen dopo essere cresciuto in una zona rurale della provincia dello Henan.
Poco prima, la stessa città del Guangdong, già simbolo della stagione di riforme e apertura inaugurata poco più di un decennio prima, è stata il culmine di un cruciale «tour del sud» di Deng Xiaoping.

È ANCORA UNA VOLTA da Shenzhen che il «piccolo timoniere» ridà impulso alle riforme con un nuovo pacchetto di riforme economiche e aperture al settore privato (anche straniero) che rilancia le relazioni della Cina con il mondo dopo la crisi di Tian’anmen. Quasi trent’anni e, per dirla alla Jiang Zemin, un «ventennio di opportunità strategiche» dopo, a Shenzhen si scende in strada per protestare sotto la sede Evergrande. In mezzo, la storia di un colosso privato che dice tanto del modello di crescita «sregolato» cinese, a cui ora Xi Jinping si è deciso di mettere ordine.

INTENZIONE PREANNUNCIATA da un nuovo tour del sud a ottobre 2020, poco prima del quinto plenum. Il colosso del settore immobiliare procede spedito verso il rischio default.
È ormai chiaro che la società non riuscirà a ripagare gli interessi ai suoi creditori. Ieri il titolo ha perso il 18,11% alla borsa di Hong Kong, precipitando ai suoi minimi storici, con le azioni che hanno perso l’87% del proprio valore in un anno.

Nel corso dei suoi 25 anni di storia, la società ha accumulato un debito di oltre 305 miliardi di dollari. Nel 1996, quando Xu fonda Evergrande, due tendenze fondamentali della recente storia cinese stanno accelerando a grande ritmo: urbanizzazione ed estensione della classe media. Il settore immobiliare esplode, ma lo fa con un modello parecchio esposto a rischi finanziari.

EVERGRANDE costruisce a debito, prevedendo poi di ripagare con la vendita degli appartamenti. Un modello che ora non è più possibile attuare, dopo la stretta del governo sulle condizioni di credito. Il gigante arriva a costruire 600 mila appartamenti all’anno. Con la quotazione del 2009 a Hong Kong raccoglie nove miliardi di dollari. Xu diventa prima l’uomo più ricco di Cina e poi l’uomo più ricco d’Asia. E non fa nulla per nasconderlo.

INVESTE NEL CALCIO e si laurea più volte campione nazionale e continentale col Guangzhou Evergrande di Marcello Lippi e Fabio Cannavaro. Si compra un jet privato e un mega yacht da 60 milioni. Se fino a qualche tempo fa tutto questo rendeva Xu un simbolo della crescita cinese, ora lo rende un perfetto bersaglio nei nuovi tempi dello sviluppo «controllato» e della «prosperità comune».

Già dal 2017 le autorità cinesi hanno a più riprese avvertito Evergrande della necessità di rivedere il debito. La maggioranza degli analisti ritiene improbabile un salvataggio diretto da parte del governo, che sembra orientato a chiedere una ristrutturazione del debito e a operare una redistribuzione degli asset della società.

L’OBIETTIVO, visti i timori dei piccoli investitori e le possibili ricadute occupazionali (Evergrande conta circa 200 mila dipendenti), è quello di non arrivare a vaste conseguenze sociali del possibile default. Ma intanto la crisi si espande a tutto il settore immobiliare. Guangzhou R&F, Xinyuan Real Estate, Fantasia Group, Baoneng e Sinic Group stanno tutte subendo conseguenze, così come Soho Group per il ritiro dell’offerta di acquisto da parte di Blackstone.

E gli effetti si fanno sentire anche sul banche e assicurazioni. C’è chi agita lo spettro di una «Lehman Brothers cinese», ma è difficile che Xi Jinping possa rassegnarsi ad arrivare al cruciale congresso del 2022 con un’economia in sofferenza. Se Xu affonderà, potrebbe non affondare tutto con lui.