L’Associazione nazionale partigiani d’Italia ha presentato una delle due denunce che hanno dato il via all’inchiesta contro l’organizzazione dei «fascisti del terzo millennio». Da lì è scaturita la richiesta di sequestro del quartier generale occupato all’Esquilino. «Casapound è un progetto reazionario, contrario alla Repubblica fondata sul lavoro che è nata dalla resistenza e dall’antifascismo», afferma Fabrizio De Sanctis, presidente dell’Anpi provinciale di Roma. In queste settimane è stato in prima linea contro la nuova occupazione di Cpi a Ostia, sul litorale romano.

Il provvedimento di sequestro preventivo dello stabile di via Napoleone III nasce anche da una vostra denuncia. Su cosa verte?

Abbiamo denunciato tutte le organizzazioni fasciste per apologia di fascismo e razzismo e per l’uso della violenza nella lotta politica. Tra le altre cose c’era anche la richiesta di sequestro dell’immobile dell’Esquilino basata proprio su questi motivi.

Lo sgombero chiuderebbe la vicenda?

No, lo scioglimento chiuderebbe la vicenda Casapound. Lo sgombero chiuderebbe soltanto la vicenda dell’Esquilino, che comunque crea un senso di ingiustizia generale nella città di Roma. Ma Casapound va sciolta, come va sciolta Forza Nuova e chiunque inciti al fascismo e usi la violenza.

Da destra è già partito il tentativo di spostare il dibattito sullo sgombero delle altre occupazioni abitative e dei centri sociali. C’è un’equivalenza tra quelle esperienze e Casapound?

Non c’entrano assolutamente nulla. Casapound è un progetto reazionario, contrario alla repubblica fondata sul lavoro che è nata dalla resistenza e dall’antifascismo. Dell’emergenza abitativa l’organizzazione si fa solo scudo in maniera strumentale. Non siamo e non saremo mai contro la povera gente. Ma quella di Casapound, sia a Ostia che all’Esquilino, è la strumentalizzazione del disagio abitativo. E questo non va permesso, soprattutto in un momento di crisi come questo. È nei periodi più difficili che la Costituzione va applicata fino in fondo, non c’è alternativa. Vanno applicati i suoi principi fondamentali che parlano di lavoro, dignità della persona umana e uguaglianza.

L’Anpi ha chiesto anche la chiusura della nuova occupazione realizzata da Casapound a Ostia. Non c’è il rischio che con l’attenzione mediatica e politica concentrata su via Napoleone III questo nuovo spazio finisca in secondo piano?

Non credo, assolutamente. Ormai anche la Difesa si è pronunciata con nettezza per lo sgombero e per la riacquisizione degli immobili. Ostia è una città massacrata dalla crisi economica. Molte realtà che il 27 maggio hanno manifestato in piazza con noi hanno fatto anche distribuzione di aiuti alimentari durante la quarantena, per aiutare la parte di popolazione del territorio che versa in maggiori difficoltà. Al presidio hanno partecipato movimenti, partiti e sindacati che denunciano l’uso strumentale dell’emergenza abitativa. In quella sede abbiamo anche chiesto di verificare se in via delle Balenerie, dove si trova l’area militare che è stata occupata, ci siano famiglie bisognose. All’Esquilino non ce n’erano. Se si trovano persone in difficoltà è compito delle istituzioni farsene carico. Il comune si è mosso e ha chiesto ai servizi sociali di intervenire. Anche il governo si è espresso. C’è una tematica comune a queste due occupazioni: vanno liberate e i beni devono tornare alla collettività. Più in generale ormai i membri di quest’organizzazione hanno moltissimi processi e anche condanne per violenza. Le incriminazioni della procura di Roma sono molto pesanti. Bisogna arrivare allo scioglimento.