«In queste ore siamo stati in silenzio. Innanzitutto per rispetto verso una persona che lottava per la vita». Michele De Palma, della segreteria Cgil e coordinatore Fiom della Fca, è di ritorno da un’assemblea. «In queste ore la Fiom è impegnata nelle assemblee perché scade il “contratto Fiat”», spiega, «e vorremmo riaprire un tavolo unitario in cui presentare la piattaforma, tenendo conto che veniamo da anni di confronto duro sul piano sindacale e anche giudiziario. Ma da parte nostra c’è sempre stato rispetto per le persone».

Sono state ore di incertezza anche per i lavoratori di Fca?

Fin qui non sapevamo quali sarebbero state le scelte del management. Oggi (ieri, ndr), l’azienda ha squadernato i numeri.

Dati positivi, dicono tutti.

No. L’unico positivo, ma era annunciato, è l’azzeramento del debito. Ma i dati finanziari sono al di sotto delle aspettative. Il piano finanziario doveva servire al rilancio del piano strategico presentato all’investor day di giugno. Non vorremmo che il lancio dei nuovi modelli e motorizzazioni non sia garantito. E quindi ne faccia le spese la piena occupazione.

Voi eravate gli avversari di Marchionne. Fiom come sindacato è stata riportata in fabbrica dalla sentenza della Consulta che nel 2013 ribaltò l’interpretazione dello Statuto dei lavoratori che dava Fca. Fin lì vi tenevano fuori dai tavoli.

Lo scontro è stato rappresentato come Marchionne contro Landini (all’epoca segretario Fiom, ndr). Ma per noi era chiaro che era la proprietà a dare il dato il mandato all’ad. Il tema non era l’esclusione della Fiom dalla contrattazione, ma che i lavoratori non potessero decidere la loro rappresentanza. La vittoria alla Consulta è stata fondamentale, ma se i lavoratori non avessero deciso di reiscriversi alla Fiom sarebbe stata solo una vittoria formale. Abbiamo avuto tanti compagni di strada, ma mi lasci ricordare la vicinanza costante di Stefano Rodotà.

Ai lavoratori di Fca sono stati chiesti sacrifici. Ma tutti vi obiettano che senza i sacrifici la Fiat sarebbe fallita.

Non do una risposta polemica, rispondo con i fatti. Ci hanno detto che se uscivamo dal contratti nazionale avremmo avuto salari tedeschi. Oggi i lavoratori di Fca hanno una paga base inferiore a quella dei loro colleghi metalmeccanici italiani. A Pomigliano e Mirafiori fu spiegato che i lavoratori avrebbero dovuto dire sì perché così tutti sarebbero tornati al lavoro. In entrambi gli stabilimenti non è così. Per Pomigliano ho appena firmato una cassa integrazione di altri 12 mesi. Da Mirafiori mille lavoratori sono stati spostati a Grugliasco. E siamo preoccupati per il futuro. In questi anni la Fiom ha parlato delle trasformazioni della mobilità, ma fin qui l’azienda diceva che l’elettrico non era alla portata. Nel 2021 finirà la produzione del diesel, è a rischio il lavoro per tremila lavoratori. Il governo apra ad un confronto sul piano industriale, investa nella rivoluzione ’eco’ e nell’occupazione . È già tardi, ma ora è urgente.

Ripeto l’obiezione che vi fanno: era meglio che Fiat fallisse?

Bisognava negoziare di più sugli investimenti e sul piano occupazionale. Perché da noi il piano industriale è una variabile dipendente di quello finanziario. Nel Usa oggi ci sono decine di migliaia di lavoratori in più di quando fecero la fusione Chrysler-Fiat. In Italia siamo rimasti lo stesso numero ma abbiamo i contratti di solidarietà nello stabilimento di Melfi e di Grugliasco, la cassa integrazione straordinaria a Pomigliano. Gli obiettivi finanziari sono stati perseguiti, quelli occupazionali no. Perché negli Usa sì e da noi no?

Perché Obama ha investito soldi pubblici?

Anche. Ma gli ammortizzatori sociali sono soldi pubblici.

Se la sente di dare oggi un giudizio sul manager Marchionne?

Un manager capace di raggiungere gli obiettivi che la proprietà gli aveva dato. Ma l’interesse finanziario della proprietà non coincideva con l’interesse del paese e quello dei lavoratori. I lavoratori hanno pagato un prezzo. E il paese non ha un’auto all’altezza degli altri. Oggi la Pacific, l’auto elettrica, gira senza pilota per le strade americane. Noi alla Magneti Marelli di Bari facciamo il motore, lo impacchettiamo e lo spediamo negli Usa. La politica avrebbe dovuto puntare ai risultati per il sistema paese. Marchionne è descritto come un grande negoziatore. Ma in Italia il vero negoziato non si è mai aperto perché gli dicevano tutti, in primis i politici, che andava bene quello che diceva lui.