Michele De Palma, segretario nazionale della Fiom e responsabile del settore automotive, il settore metalmeccanico è quello con il tasso di adesione più alto allo sciopero generale di giovedì. Soddisfatti?
I dati confermano la giusta intuizione che il nostro Comitato centrale ebbe a ottobre proclamando lo sciopero in rapporto con delegati e territori anticipando che la manovra non rispondeva ai problemi dei lavoratori. Nel settore metalmeccanico la situazione era già chiara in estate quando lo sblocco dei licenziamenti ha portato a una serie di chiusure e delocalizzazioni sebbene la situazione del settore sia a macchia di leopardo: molte aziende stanno facendo straordinari perché hanno agganciato per prime la ripresa. Ma purtroppo molte lavoratrici e lavoratori sono precari.

Il segretario nazionale della Fiom Michele De Palma

Giovedì notte il governo ha finalmente presentato il maxiemendamento che prevede anche un intervento sulle delocalizzazioni: per le imprese che se ne vanno senza ragione raddoppio delle sanzioni per i licenziamenti. Come lo giudicate?
Più che un decreto contro le delocalizzazioni è un provvedimento che proceduralizza le delocalizzazioni. Il testo non è stato minimamente discusso con noi sindacati nonostante sentiamo parlare di un decreto fin da luglio quando ci furono i primi casi di delocalizzazione: Gianetti Ruote, Gkm, Timken. Dalle anticipazioni mi pare che questo emendamento è del tutto inefficace per le crisi in corso e rischia di esserlo anche per le crisi future. Il problema che abbiamo non è come veniamo a sapere dei licenziamenti – sebbene il comportamento dei bracconieri del diritto come lo studio legale premiato per la gestione della chiusura Gkn faccia orrore – ma ragionare su come evitare gli effetti di una delocalizzazione.

Cosa servirebbe per combattere le delocalizzazioni veramente?
Le multinazionali programmano queste decisioni con largo anticipo. La variabile tempo è decisiva. La stessa cosa accade con le decisioni sui piani industriali, come per esempio succederà in Stellantis con l’ad Tavares che ha annunciato la presentazione del piano industriale per marzo. Per questo noi chiediamo che il governo chieda a Stellantis ora di discutere le scelte industriali con le organizzazioni sindacali. Il tempo è scaduto: se non lo farà, il governo si sta prendendo la responsabilità di far saltare un intero pezzo di industria.

La vostra richiesta di un tavolo generale su Stellantis non è mai stata accolta dal governo e nel frattempo vanno avanti gli accordi separati sui vari stabilimenti: la cassa integrazione ovunque, la chiusura di Grugliasco, la riduzione agli enti centrali a Torino e la chiusura del reparto che a Mirafiori produceva mascherine. Come pensate che il governo cambi idea ora?
Perché c’è un elemento di novità: la stessa richiesta di un confronto è arrivata dalle aziende della componentistica italiana, che rischiano di chiudere tutte perché subiscono la concorrenza del sistema strutturato di Peugeot e di altri Paesi che hanno piani strutturati per l’automotive.

Sta dicendo che aziende aderenti a Confindustria fanno la stessa richiesta della Fiom? Una bella contraddizione per Bonomi…
Invece che criticare il provvedimento sulle delocalizzazioni, Confindustria dovrebbe appoggiare questa richiesta e allargarla ad un confronto che spinga anche a riportare produzioni in Italia o riallocarle – il cosiddetto reshoring – e a discutere di un fondo straordinario per la transizione dell’intero settore dell’automotive. Noi come sindacato vogliamo lavorare sul futuro attraendo investimenti sulla ricerca e sviluppo e sulle nuove produzioni, sull’innovazione tecnologica come l‘elettrificazione, il self drive, l’informatica e i semiconduttori, ricordando che una delle aziende più grandi, Stm Microelectronics è italiana. In fabbrica poi è necessario favorire il ricambio generazionale guardando al futuro.

Nel frattempo le delocalizzioni continuano. È reduce dal tavolo al Mise per Speedline, la multinazionale svizzera Ronal che vuole chiudere la fabbrica in provincia di Venezia.
In questo caso la decisione di chiudere nel giro di un anno era già stata presa. Grazie anche all’appoggio delle istituzioni siamo riusciti a riaprire il confronto e a far sospendere l’iniziativa dell’azienda.