Ieri mattina l’inviato speciale del governo Staffan De Mistura, durante un’audizione alla Camera, ha illustrato ai deputati la posizione italiana in vista dalla nuova udienza del caso Enrica Lexie, prevista per la giornata di domani. De Mistura, di ritorno dall’ennesima missione diplomatica a New Delhi, ha sintetizzato il ventaglio di opzioni a disposizione della Corte suprema indiana, che il 28 marzo dovrebbe – il condizionale è ormai d’obbligo – dirimere l’ultimo intralcio burocratico prima dell’inizio del processo vero e proprio che vedrebbe accusati i fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone dell’omicidio di Ajesh Binki e Valentine Jelastine, pescatori scambiati per pirati il 15 febbraio del 2012.

Le tre opzioni sarebbero: un nuovo rinvio, la conferma dell’affidamento del caso alla National Investigation Agency (Nia), nonostante la legge federale Sua act sia stata esclusa dal dibattimento, o una soluzione «di make up», escludendo la Nia dall’accusa ma mantenendone il suo capo «utilizzando la persona, ma non la struttura».

Ma l’Italia, ha chiarito il diplomatico, in qualsiasi dei tre scenari manterrà la propria linea indirizzata ad un solo obiettivo: l’internazionalizzazione del caso, il non riconoscimento della giurisdizione indiana e, di conseguenza, l’apertura di un arbitrato internazionale che possa pronunciarsi circa la concorrenza di giurisdizione (India e Italia entrambe ritengono di avere il diritto esclusivo dell’istruzione del processo). Si tratta di un iter lungo che De Mistura, in passato, aveva provato in ogni modo ad evitare, puntando su un processo «fast and fair» che potesse chiudere la vicenda una volta per tutte. Ma così non è stato e Roma, dopo un’attesa di oltre due anni, intende mostrare a New Delhi che la pazienza è davvero esaurita.

La nuova linea dell’intransigenza, che De Mistura fa risalire al «cambio di marcia del governo», prosegue di fatto nel solco lasciato dall’ultima gestione Bonino del caso, quando la ricerca di sponde all’interno del governo indiano è stata sostituita dall’allargamento della vicenda, testando la volontà degli «alleati» dell’Italia nel sostenere uno scontro diplomatico aspro contro la – quasi – superpotenza indiana.

Se l’Ue e l’Onu hanno dimostrato a Roma una timida solidarietà, augurandosi a più riprese una risoluzione del caso «nel rispetto del diritto internazionale» – dicitura standard che permette interpretazioni speculari se analizzata da parte indiana o italiana – gli Stati uniti hanno mantenuto fino ad oggi una posizione piuttosto defilata, evitando ogni coinvolgimento formale. Un silenzio che, secondo De Mistura, è destinato a finire proprio nella giornata di oggi, quando il presidente degli Stati uniti Barack Obama, in visita a Roma, terrà una serie di colloqui col premier Matteo Renzi e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

«Sono sicuro che domani la questione marò verrà sollevata», ha spiegato De Mistura, chiarendo che «gli americani sono molto consapevoli di quanto la questione sia importante per noi e hanno avuto anche loro momenti difficili» in India, riferendosi alle accuse di falso e truffa mosse dalle autorità statunitensi alla diplomatica indiana Devyani Khobragade, impiegata presso il consolato di New York, che qui in India diedero la stura a una serie di rappresaglie burocratiche contro le istituzioni diplomatiche Usa. Il tutto si è concluso recentemente permettendo ad entrambe le parti di salvare la faccia: Khobragade spostata in un ufficio a New Delhi grazie all’immunità diplomatica, l’accusa americana apre un nuovo fascicolo «in contumacia», conscia che la diplomatica non rimetterà mai più piede negli States.