Il tribunale di Napoli ieri ha accolto il ricorso del sindaco Luigi de Magistris contro la sospensione prevista dalla legge Severino. Una sentenza che rimanda definitivamente la palla, dopo le analoghe pronunce di Tar e Consiglio di stato, nel campo della Corte costituzionale, chiamata il 23 ottobre a decidere sulla norma.

Una buona notizia anche per il governatore Vincenzo De Luca, eletto ma non ancora insediato per effetto della Severino: entro la prossima settimana scatterà la sospensione, il ricorso contro il provvedimento al Tribunale ordinario avrà un esito scontato. «È l’ennesima prova che la legge non funziona – commenta il ministro Angelino Alfano – almeno per quanto riguarda i regimi di sospensione».

Fino all’autunno de Magistris resta in sella, intanto il Tribunale di Roma dovrebbe prendere atto della prescrizione del «processo Why Not», che gli è costato la condanna in primo grado per abuso d’ufficio, chiudendo comunque la partita. L’ex pm ieri ha chiesto a mezzo stampa a Paola Severino come mai nel testo della norma redatta da lei ci finì anche l’abuso di ufficio non patrimoniale, quando nella legge delega erano inseriti solo i reati di particolare allarme sociale e criminalità organizzata: «Ricordo che all’epoca era l’avvocato di Romano Prodi, parte civile nel mio processo: mentre il suo studio difendeva l’ex premier, lei scriveva la norma…».

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La vicenda processuale di De Luca è differente, ma il reato in cui è incappato è lo stesso: abuso d’ufficio (commesso però da sindaco per la realizzazione del termovalorizzatore). Nel caso di de Magistris l’elezione è avvenuta quando la Severino non esisteva; nel caso del governatore la vittoria è arrivata a norma approvata e condanna già inflitta. Per due eminenti giuristi, Giuseppe Abbamonte e Pietro Rescigno, la Severino non si applicherebbe a De Luca proprio poiché la legge «si è letteralmente espressa solo per le condanne che sopravvengono al conferimento del mandato elettivo».

Ieri l’ex sindaco di Salerno era a Roma, all’incontro tra governo, presidenti di regione e sindaci sull’immigrazione. È stata la sua prima uscita ufficiale: come da copione, ha evitato i giornalisti. Sarà stata comunque un’ottima occasione per mettere a punto le tappe del suo insediamento a puntate con il premier Matteo Renzi, nella doppia veste di massimo referente del Pd e premier a cui tocca notificare al consiglio regionale la sospensione di De Luca.

Mercoledì l’avvocato generale dello Stato, Massimo Massella Ducei Teri, ha consegnato il suo parere al sottosegretario alla presidenza del consiglio, Claudio De Vincenti: la sospensione può essere comunicata solo a un organo già operativo, quindi dopo che il governatore ha nominato giunta e vice (che ne farà poi le funzioni); altrimenti la sospensione diventerebbe decadenza. Ma, ha aggiunto, «tale lettura potrebbe essere non univoca, atteso che la norma è stata costruita per disciplinare diversa fattispecie» e quindi «appare opportuno un intervento normativo che risolva il dubbio interpretativo, compito che spetta al legislatore». In sostanza, ha fornito a Renzi la copertura tecnica per emettere a strettissimo giro un decreto legge che sancisca il percorso, mettendolo al riparo da ricorsi.

Il premier dovrà muoversi in fretta: lunedì si insedierà il consiglio regionale, nella stessa seduta potrebbe arrivare anche la nomina della giunta. Fulvio Bonavitacola, fedelissimo di De Luca, dovrebbe assumere il ruolo di vice.

Le opposizioni chiedono il ritorno al voto. Secondo Valeria Ciarambino e la pattuglia M5S, l’elezione di De Luca sarebbe nulla: il neo governatore era incandidabile e la sospensione avrebbe effetti retroattivi (quindi non può neppure partecipare alla prima seduta come consigliere, tanto meno nominare la giunta). I grillini sono già ricorsi alla carta bollata contro De Luca e Renzi, ieri hanno messo a punto una nuova diffida: «De Luca non può fare il presidente a meno che non si trovi uno stratagemma. Renzi va oltre Berlusconi e dal Lodo Alfano passa al Lodo De Luca. Questa legislatura regionale comincia con una legge ad personam, comportamento scellerato che istituzionalizza l’illegalità».

Forza Italia alza la voce a Roma in funzione anti Renzi: vista la mancata applicazione della sospensione, i parlamentari forzisti hanno chiesto all’autorità giudiziaria di accertare l’eventuale sussistenza dei reati di abuso di ufficio e rifiuto di atti di ufficio anche a carico del premier. Ieri è toccato a Maurizio Gasparri diffidare il governo: «Se Renzi con un atto di banditismo dovesse varare, come si annuncia, un decreto pro De Luca dovremmo scatenare l’inferno».