Tra i difetti di una linea politica che si affida troppo alle sentenze, che tende a leggere i processi sociali come processi giudiziari, che confida nella magistratura come motore primo del rinnovamento o addirittura della rivoluzione, c’è che può finire vittima di una sentenza criticabilissima e destinata probabilmente a essere riformata in secondo grado, o magari sepolta dalla prescrizione, ma che intanto c’è, produce effetti inderogabili e più che rispettata va inevitabilmente applicata.

Per questa ragione Luigi de Magistris, sindaco di Napoli condannato per abuso d’ufficio, non può che cadere negli ingranaggi della legge Severino. Ingranaggi complicati, progettati tanto male da far sospettare il dolo, eppure in questo caso già in moto.

De Magistris sarà sospeso da sindaco, la città affidata al suo vice. La ruota continuerà a girare, la consiliatura potrebbe vivere come molti consiglieri eletti in circostanze irripetibili probabilmente sperano, magari il sindaco potrebbe persino, tra molti mesi, tornare. E non sarebbe nulla di clamoroso per una città dove generazioni di politici hanno affinato l’arte del rinvio e dell’illegalità.

Ma sarebbe la fine più ingloriosa per un’esperienza che prometteva il rinnovamento, l’estremo dispetto alla città. Un atto in fondo di egoismo. Al contrario a questo punto e per queste ragioni de Magistris farebbe bene a dimettersi.

Mentre la sospensione e la “reggenza” del vicesindaco aprirebbero un periodo di interregno che rischia di essere lungo, con un consiglio comunale interessato solo alla sua sopravvivenza, una maggioranza tanto ridotta da invitare a nozze i peggiori trasformismi, e sullo sfondo una città agonizzante, le dimissioni, una volta approvato il bilancio (è questione di ore), porterebbero alle elezioni anticipate (nella prossima primavera si vota in ogni caso per la Regione). E su questo è bene fare chiarezza, di fronte ai nuovi portatori del rigore giudiziario, nemmeno tutti con le carte processuali a posto.

Dopo la disfatta del 2011, per mesi o meglio per anni il Pd a Napoli si è preoccupato innanzitutto di sfuggire come la peste le elezioni anticipate, sorreggendo per questo, sotterraneamente, una maggioranza presto evaporata. E questa è solo l’ultima ragione per la quale è bene essere prudenti prima di cercare da quelle parti la ricetta per la ripresa.

Adesso, al traino del Renzi rullo compressore, sentendo la vittoria già in tasca e senza un filo di rinnovamento nella proposta politica (al massimo in quella anagrafica) ecco il Pd tornare spavaldo. Ma nemmeno quella della fiducia in Renzi è una colpa dalla quale de Magistris può dirsi del tutto innocente. Le sue prime aperture di credito al premier testimoniano un errore di valutazione. Bagnoli commissariata dallo sblocca Italia è la prova che dietro quello spiraglio c’era l’ennesima sconfitta per una città che non si è saputo amministrare.