A ventiquattrore dalla sospensione, il sindaco di Napoli Luigi de Magistris sembrava ieri quasi sollevato: «E’ un giorno buono, vivo la sanzione come un’opportunità per far comprendere quanta strada il paese deve ancora fare per evitare che da democrazia malata diventi regime». Il mantra è «non mi dimetto, più me lo chiedono e più forte rispondo». Una selva di telecamere circondavano ieri l’ex pm, il ragionamento parte sempre dalla sua vicenda di magistrato a cui è stata sottratta un’inchiesta: Why not, secondo de Magistris, sarebbe il grimaldello utilizzato da vecchie lobby e nuovi poteri, con interessi sulla città a cominciare da Bagnoli, per liberarsi dell’esperienza arancione.

La stessa fretta con cui è stata messa in moto la legge Severino insospettisce l’ex pm: «Una sospensione lampo! Forse temevano che potessimo fuggire. Se devo andare al confino mandatemi fra Ventotene e Procida, tra Altiero Spinelli ed Elsa Morante». Per il sindaco di Terzigno nel vesuviano sono stati necessari 13 giorni, per quello di Latina 7 mesi. Nell’atto non c’è la sentenza né le motivazioni. Lo sprint avrebbe avuto però un effetto positivo: «Mi ha tolto l’imbarazzo istituzionale. Da sindaco avrei dovuto stringere mani che certe volte mi pesa stringere. A questi importanti governatori convenuti a Capodimonte per la riunione della Bce volevo fare un discorso politico: evitassero lo strozzinaggio verso i cittadini e i popoli del sud del mondo».

Resistere è la parola d’ordine perché i 18 mesi in cui verrà congelato saranno probabilmente meno: la prescrizione è vicina e questo accelererà i tempi dell’appello, secondo i legali del sindaco la sospensione potrebbe ridursi a 4 mesi. Intanto non avrà più la scorta né il cellulare di servizio, per tenere i contatti si dovranno trovare soluzioni creative, magari riunioni in pausa pranzo.

A palazzo San Giacomo è subentrato il vice, Tommaso Sodano: priorità, i cantieri già aperti da aprire e il dossier Bagnoli. Quanto l’amministrazione potrà andare avanti dipenderà anche dalla tenuta degli assessori e, soprattutto, dei consiglieri. Il rischio è il blocco dell’attività in consiglio: la maggioranza da ieri ha sulla carta solo 24 voti su 48, così sono cominciati i contatti per allargare il perimetro. Fi vuole staccare la spina, gli ex Idv di Centro democratico sono scontenti della reggenza Sodano e annunciano iniziative. Sel, che ha un consigliere, ieri ha preso le distanze. I dem scaldano i motori per la campagna elettorale invitando i consiglieri a dimettersi: «Le forze politiche che vogliono allearsi col Pd alle regionali non possono più mantenere ambiguità».