Che il nemico dei beni comuni fosse alle porte era ormai chiaro. Il laboratorio napoletano per la gestione pubblica e partecipata dell’acqua è un granello che rischia di inceppare il complesso meccanismo delle multinazionali, in stato di agitazione permanente dopo il referendum sull’acqua. La trasformazione della società per azioni Arin nell’ente pubblico Abc Napoli è stata la prova tangibile della possibile ripubblicizzazione dei gestori dell’acqua, dando piena attuazione al voto del 14 giugno 2011.
Il nove agosto scorso qualcosa è però accaduto. Il sindaco Luigi De Magistris ha annunciato in una lettera inviata al Miur – documento che il manifesto ha potuto consultare – l’avvio del commissariamento del consiglio di amministrazione della neonata Abc. Il motivo ha l’apparenza dell’intoppo burocratico: il ministero della Ricerca scientifica – responsabile dei fondi Pon per la ricerca e lo sviluppo – aveva minacciato di bloccare un progetto Smart city poiché il consiglio di amministrazione era ancora incompleto. Su cinque membri previsti dallo Statuto a oggi ne sono stati nominati solo tre. Un dettaglio che rivela il punto debole del sistema napoletano, che sta subendo un lento – e pericoloso – logoramento.
Al di là dell’atto formale di Luigi De Magistris, Abc Napoli non è riuscita fino ad oggi a risolvere un nodo fondamentale. I due membri del consiglio di amministrazione non ancora nominati avrebbero dovuto rappresentare la società civile e la cittadinanza, come era stato annunciato fin dall’inizio del processo di ripubblicizzazione e previsto dallo Statuto di Abc. Lo stesso Alberto Lucarelli – assessore ai Beni comuni dimessosi qualche mese fa – aveva avviato all’interno della giunta De Magistris un vero e proprio laboratorio sulla partecipazione. Poi, di fatto, è calato il silenzio. Il tema della partecipazione dei cittadini alla gestione dei beni comuni è stato il pilastro della lunga battaglia dei comitati per l’acqua pubblica. Su questo punto si era consumato il contrasto in Puglia tra la giunta Vendola e i comitati locali per l’acqua pubblica. Il voto ai referendum del 14 giugno 2011 non puntava solo alla ripubblicizzazione e all’uscita della gestione dell’acqua dal mercato. Il senso politico della valanga di sì ai primi due quesiti era fin troppo chiaro: i beni comuni devono tornare nella piena disponibilità dei cittadini. Lo Statuto di Abc Napoli aveva accolto questo principio aprendo il consiglio di amministrazione alle associazioni e ai comitati. Un nodo talmente sensibile da non essere stato fino ad oggi risolto: «Siamo andati avanti con un po’ di problemi – spiega al manifesto il vicesindaco Tommaso Sodano – forse c’è qualcosa da rivedere nello Statuto e sicuramente ci sono meccanismi che cercano di bloccarci». Un tema delicatissimo, quello della gestione dell’acqua e del laboratorio Abc: «Ma noi non vogliamo commissariare, si tratta di una situazione momentanea, una nomina finalizzata solo all’ottenimento dei fondi del Miur», assicura Sodano. Nella lettera del 9 agosto firmata dal sindaco, però, si parla di un commissariamento «con pieni poteri»: «Beh, in realtà nella delibera che stiamo preparando in queste ore sarà chiaro che si tratta di un provvedimento a termine». Tesi ribadita anche da Ugo Mattei, presidente del consiglio di amministrazione: «Il sindaco farà un provvedimento in cui nominerà Luigi Vivese, unico componente del cda non professore universitario a tempo pieno, come commissario ad actum al solo fine di completare la procedura per i fondi». Un indirizzo differente da quello che aveva espresso Luigi De Magistris nella sua lettera al responsabile dei fondi del Miur il 9 agosto.
Rimane irrisolta in ogni caso la questione della partecipazione. Inizialmente la giunta aveva chiesto ai comitati di indicare i due nomi dei componenti mancanti del Cda. «Poi ci siamo resi conto – prosegue Sodano – che lo Statuto prevedeva un bando che coinvolgesse tutte le associazioni». La scadenza è segnata per il 19 settembre, termine ultimo per presentare le candidature. Una data che, alla fine, ha provocato l’impasse e il commissariamento.
Nel frattempo la regione Campania ha presentato la proposta per la revisione della legge sulla gestione delle risorse idriche. Per i comitati acqua pubblica di Napoli «se questa norma passasse in Consiglio, diventerebbe uno strumento per armare le multinazionali dell’acqua contro i cittadini». In Campania ancora oggi zone importanti come il vesuviano sono gestite da società private come la Gori, partecipata dall’Acea. Il cammino del laboratorio napoletano per i beni comuni è ancora molto lungo.