Con un tasso di positivi-tamponi calato al 6,02%, ieri la Campania si era svegliata con il sole e la voglia di riversarsi in strada per le spese natalizie. Vigilia del ritorno alla zona gialla, come da disposizioni del governo, la regione sembra tornata a una «quasi normalità». In mattina però il governatore Vincenzo De Luca aveva avvisato: «Non cambiamo colore, rimaniamo arancione. Fino al 24, poi si adottano le misure anti-Covid nazionali». Un avvertimento fatto da Pompei, che a Napoli in pochi avevano sentito.

Quando intorno alle 14 è arrivata l’ordinanza regionale è stata come una doccia fredda: «Con efficacia dal 20 al 23 dicembre – si legge – confermate tutte le misure vigenti per la zona arancione. Divieto per i bar e gli altri esercizi di ristorazione, dalle ore 11 del mattino, di vendita con asporto di bevande alcoliche e non alcoliche. Per tutta la giornata divieto di consumo di cibi e bibite, anche non alcoliche, nelle aree pubbliche e aperte al pubblico». Niente allentamento dei divieti. Soprattutto una nuova mazzata per bar, pizzerie e ristoranti che si stavano già preparando alla mini riapertura. De Luca ha tirato dritto: «Si apre, si chiude, giallo, arancione, rosso, non si capisce niente. Cerchiamo di essere responsabili, Dobbiamo evitare che a gennaio ci facciamo male».

La reazione è arrivata immediata. I commercianti si sono riversati sul lungomare con un blocco stradale andato avanti fino a sera che ha mandato in tilt il traffico del sabato prenatalizio. Erano ristoratori, costretti alla chiusura se non attrezzati per le consegne a domicilio. Negozianti che temono un nuovo calo delle persone in giro, baristi rimasti quasi senza margini di manovra. Confesercenti Campania: «Nel giro di poche ore abbia mandato in tilt le aziende legate al food della Campania, che sono circa 100mila. Un caos totale. I ristoratori, dopo le decisioni del governo, avevano già acquistato derrate alimentari, alcune a consumo immediato (latticini, frutta, verdure). Hanno fatto una corsa contro il tempo per sanificare i luoghi interni ed esterni, chiamato dipendenti a lavorare. In media, hanno speso tra i 2.500 e i 5mila euro, bruciati. Adesso chiediamo altri risarcimenti, anche per queste spese buttate al vento». La Confapi Napoli si è appellata al prefetto.

I sindaci di Capri e Anacapri sfidano il governatore: «Da noi zona gialla». Mentre il clima intorno Palazzo Santa Lucia diventava sempre più incandescente, dal comune di Napoli arrivava un’ordinanza. Dalla regione nessuno ha avvisato il Municipio, così il sindaco Luigi de Magistris a sua volta ha emesso una sua misura «anti assembramenti» in vista della zona gialla, cancellata intanto da De Luca. Una lista lunghissima di 49 strade e piazze della città da sorvegliare per evitare l’esplosione della movida, con inclusa una stoccata alla linea del rigore della regione: «L’adozione di provvedimenti di chiusura temporanea di aree pubbliche o aperte al pubblico non produce alcun decongestionamento degli spazi pubblici, finendo spesso per sortire l’effetto contrario».

L’ordinanza comunale è durata un amen, perché poi da Palazzo San Giacomo si sono accorti che intanto era stata superata dalle decisioni regionali ed è dovuto scattare, quasi immediato, il dietrofront: «Avevamo lavorato tutta la mattina al provvedimento. Tutto ciò denota mancanza di rispetto nei confronti di sindaci, prefetti e forze dell’ordine. Non è possibile che dopo ore e ore di incontri e di tavoli, tra governo e regione non si mettano d’accordo. Stiamo assistendo a un conflitto istituzionale gravissimo e in mezzo ci sono i cittadini». E la capogruppo 5S in regione, Valeria Ciarambino: «Le ultime ordinanze di De Luca sembrano più una prova di forza che ha ingaggiato contro il governo, che misure contro il contagio».