Un’opera militante che attinge agli atti della sentenza-ordinanza del giudice Rosario Priore, le oltre 5000 pagine con cui il magistrato confuta testimonianze e deposizioni dei protagonisti – servitori dello Stato – che in quelle ore e negli anni a venire si sono adoperati per insabbiare e depistare le indagini sull’esplosione nei cieli di Ustica del DC 9 Itavia, con 81 passeggeri a bordo. Fu un’azione di guerra in tempo di pace che dal 27 giugno 1980 resta senza responsabili.

Dalle parole di Priore sono partiti Fiorenza Menni e Andrea Mochi Sismondi con Ateliersi per De facto, approdato in teatro (alla Pelanda per Romaeuropa festival), dopo l’allestimento dello scorso anno, a Bologna, nel Museo per la memoria di Ustica. E questo impianto frontale catalizza la visione dello spettatore, trasportandolo all’interno di un magma in cui immagini, suoni e parole precise restituiscono gli accadimenti in tutta la loro atroce complessità.

Su una pedana stretta e lunga, attaccata al fondo della scena, si vanno a collocare i corpi, quasi fossero figure stilizzate portatrici di conoscenza, mentre Caterina Barbieri inizia l’esecuzione delle sue musiche sintetizzate. Quando le parole partono il contesto della strage subito si definisce e il canto di Francesca Pizzo rende ancora più penetrante la sequenza delle asserzioni. La chiarezza del linguaggio giuridico assume in questo poema elettronico una forma nuova, reclamante verità.

Schiacciati sul fondale i performer hanno un infimo spazio d’azione, proprio come è stato l’incedere di Priore nei lunghi anni d’inchiesta. Mentre le immagini di Giovanni Brunetto si snodano senza soluzione di continuità: sul fondo nero, una traccia bianca computerizzata si allunga all’infinito, segnata da processi falliti, reati prescritti, generali assolti. Tra i contributi che in 37 anni di fallimenti si sono alzati per Ustica, questo del collettivo Ateliersi, proprio per la specificità della sua aggregazione, coniuga l’impegno nella memoria alla ricerca della bellezza. Oltre le menzogne e le omertà istituzionali con l’atto artistico la realtà di fatto emerge perentoria.