Fu il periodo intenso, bruciante, spesso a rotta di collo, in cui, parafrasando il titolo di un bel libro di Guido Harari e Franz Di Cioccio proprio a quel momento dedicato, Fabrizio De André era «evaporato in una nuvola rock». Il telaio elastico e rodatissimo della Pfm come una rete protettiva a parare ogni caduta, a rilanciare la sfida sempre più in alto, sul trapezio a vertigine della canzone d’autore declinata in sonante rock. Si fecero un favore a vicenda, Fabrizio De Andrè e la Premiata Forneria Marconi a ritrovarsi, dopo essersi annusati quasi dieci anni prima, ai tempi de La Buona Novella: lui, l’artigiano del labor limae infinito su un suono da pronunciare, su una parola da scegliere con feroce acribia, confortato dalla sferza d’energia che arrivava da quei ragazzi che avevano appena sfidato le arene a stelle e strisce, e ne erano usciti rispettati ed amati, pur pagando lo scotto di quella definizione, «spaghetti rock», appiccicosa come il ketch up.

LUI, CANE SCIOLTO che non amava i concerti e i rituali incistati in quelle due ore di fronte alla gente, che dai musicisti della Pfm ricevette un abbraccio caldo e forte di musica che all’improvviso rivelava un dinamismo insospettato. Bastava cambiare la prospettiva. Introdurre, come oggi scrivono i critici anglosassoni che Faber lo possono solo intuire,come noi intuiamo solo Dylan, un «epic feel», una sorta di epicità. Loro, la Pfm, a lavorare con testi molto, molto vicini allo spessore della poesia – nati su letture attente e riflessioni ancor più attenta, ex post – capirono che l’unione fa la forza. E che forza, Fabrizio –De André e la Pfm dal vivo, assieme. Un incontro memorabile, che mise a tacere chiunque paventava immaginari danni di immagine per l’uno e per gli altri. Memorabile: infatti è rimasto nella memoria di chi c’era, e di chiunque si sia trovato tra le mani quei due dischi preziosi, usciti a distanza di un anno l’uno dall’altro, che facevano il punto sull’incandescente energia della «nuvola rock»: Fabrizio De André in concerto / arrangiamenti della Pfm.

PER FORTUNA che accadono anche piccoli miracoli pratici, nel mondo della popular music: ad esempio che sia saltata fuori la videoregistrazione del concerto di Faber con la Pfm nella sua città al Padiglione C della Fiera del Mare del 3 gennaio 1979, realizzata da un pool di operatori per un’emittente locale, fra i quali il regista Piero Frattari. Che nel 2000, per nostra fortuna, salvò i nastri analogici ritrovati riversandoli in digitale. La base per il docufilm uscito poi anche nelle sale cinematografiche, con la regia di Walter Veltroni. Ora che il mondo delle note si rimette in moto, è una bella notizia che esca – oggi per Sony Legacy – anche in cd e in doppio vinile di pregio la parte sonora del concerto ritrovato. La vicenda tecnica della storia è, al contempo, precisa e affascinante, e, come il retro di un arazzo, ci rivela quanto lavoro certosino si sia reso necessario per trasformare una registrazione confusa e distorta in un concerto di qualità ,opera di Lorenzo Cazzaniga e Paolo Piccardo. L’audio monofonico originale, all’epoca ripreso dal fonico Roberto Paolessi, ed assai degradato, è stato riprodotto in un hangar da grandi casse acustiche, e ri-registrato con microfoni ambientali. A quel punto il file ottenuto è stato ulteriormente restaurato e rimixato, facendo «uscire» i singoli strumenti dalla nebulosa pasta sonora complessiva, e in particolare la voce di Fabrizio De André. Un atto di alta filologia sonora, in pratica, alla fine confluito in un file in HD, che potrebbe anche fare da esempio per altre esperienze simili. A noi ha restituito il grande abbraccio di un concerto tonante e impreciso, nei secchi rimbombi del cemento del Padiglione, e oggi decisamente a fuoco. Chi scrive queste note c’era, quel giorno, e lo ricorda bene. E ringrazia, ora, per Il concerto ritrovato.