Martedì la fiction su De Andrè batte con oltre 6 milioni di spettatori L’isola dei famosi, che ne raggranella poco più di tre ma che finora aveva stracciato le altre reti. Lunedì il nuovo Montalbano realizza il miglior ascolto di sempre con uno share stellare (45% ) e oltre 11 milioni di spettatori. Poi c’è il festival di Sanremo, su cui si è scritto e detto.
Per la prima rete pubblica un audience come forse non accadeva da tantissimo tempo. Effetto Sanremo e della sua onda lunga? Sicuramente. Ma mi chiedo: dietro a questi successi della fiction di RaiUno c’è solo la bravura indiscutibile degli artisti e l’ottima fattura dei programmi, oppure questo ritorno in massa sul primo canale pubblico, Sanremo compreso, si connota di qualche altro significato?

Aldo Grasso vi ha intravisto un ritorno alla tv d’antan, il ritorno di chi, almeno una volta l’anno, stufo dell’offerta comunicativa parcellizzata distribuita tra social e digitale, ha voglia di celebrare un rito collettivo (e comunicativo) di massa. Ipotesi più che plausibile. Azzarderei però una ulteriore spiegazione. L’ipotesi è che De Andrè, Montalbano (e Sanremo) abbiano intercettato lo stato d’animo di un paese confuso, disorientato, privo di riferimenti, per di più alla vigilia di una scadenza elettorale difficile e quanto mai incerta. E, a questo paese un po’ smarrito, abbiano offerto un ancoraggio sentimentale, un rifugio. RaiUno, in questo, è un po’ come la mamma.

Perché il ritorno alla tv d’antan, quella che riuniva il paese intero, sa anche di fuga dalla politica politicienne, dal teatrino delle facce e dei figuranti del talk quotidiano. Un rito collettivo, certo, oggi che non c’è più nemmeno la Nazionale. Ma forse qualcos’altro: la voglia di ‘diversione’ (più che di divertimento) di un paese che non ne può più dello storytelling televisivo quotidiano, quello che racconta di una comunità spaventata e divisa. Un paese alla ricerca disperata di un simulacro di unità in cui potersi riconoscere.