A questo punto il percorso è ormai tracciato. Oggi alle 11 al Senato si tiene l’ennesima riunione dei capigruppo di maggioranza per verificare la possibilità di arrivare a una mediazione sul ddl Zan. Non sono previste sorprese. Nel pomeriggio, alle 16,30, ci sarà quindi il passaggio in aula per decidere sulla calendarizzazione del testo, che dovrebbe essere fissata a partire dal 13 luglio. E allora si vedrà se per la legge contro l’omotransfobia sarà davvero il Vietnam – come si dice – o qualcos’altro.

Oggi però è anche il giorno in cui si capirà quanto è salda l’intesa tra Italia Viva e la Lega. Ai renziani si devono gli emendamenti che chiedono la cancellazione delle parole «identità di genere» dall’articolo 1 della legge, la soppressione dell’articolo 4 che garantisce la libertà di espressione e la modifica dell’articolo 7 specificando in maniera chiara che, pur mantenendo l’istituzione della giornata nazionale contro l’omofobia, viene salvaguardata l’autonomia scolastica, rispondendo così alle preoccupazioni espresse dal Vaticano e dalle scuole cattoliche. A chi lo accusa di voler affossare la legge Renzi, che ha denunciato di ricevere «insulti, minacce e auguri di morte», ieri ha replicato ricordando di aver firmato le unioni civili quando era al governo: «Non prendo lezioni da chi usa i diritti come bandierine senza ottenere i risultati», ha detto il senatore di Rignano attaccando il Pd.

Sugli emendamenti di Italia viva convergeranno certamente i voti del centrodestra, da sempre contrario al ddl. Ieri Matteo Salvini, che da giorni vuole mostrarsi come un mediatore, si è rivolto ancora una volta al Pd chiedendogli di aderire alle modifiche proposte da Renzi: «Se il Pd rifiuterà ascolto e dialogo, invocati anche da tante associazioni e movimenti di gay, lesbiche e femministe – ha detto -, si assumerà la responsabilità di affossare questa legge»,

Parole che in casa dem suonano come un provocazione. Al Nazareno – dove ieri si è riunita la segreteria – sono infatti più che convinti che contrariamente a quanto dice Renzi, ovvero che almeno sei senatori dem e 5 o 6 dei 5 Stelle approfitteranno del voto segreto per non sostenere la legge, i numeri per approvarla in realtà ci siano. Basterebbe solo che la vecchia maggioranza giallorossa, la stessa che otto mesi fa ha permesso l’approvazione del ddl Zan alla Camera, si mantenesse compatta. «A Italia viva chiedo uno scatto di orgoglio per portare la legge all’approvazione», dice il deputato Alessandro Zan, che ha dato il suo nome la provvedimento. «Dire che così com’è la legge non passa è una buglia. Se prendiamo il pallottoliere, la maggioranza in Senato, con Iv, c’è».

Anche se il Pd ha detto di non voler chiedere il voto segreto, quando si arriverà in aula è così che si procederà. La battaglia allora è davvero all’ultimo voto. Chi sostiene il ddl Zan (oltre a Pd e M5S, ci sono LeU e il gruppo delle Autonomie) spera nel supporto che potrebbe arrivare da qualche senatore di Forza Italia. Elio Vito, deputato azzurro da sempre a favore della legge, ieri si è di nuovo rivolto al suo partito: «Io continuo a credere, a sperare. a volere che la mia cara Forza Italia, la liberale Forza Italia, la europeista Forza Italia, si distingua dalla Lega e da Italia viva e possa votare il ddl Zan nell’attuale testo al Senato e risultare decisiva per la sua approvazione definitiva», ha scritto su Twitter.

Decisivo sarà anche il comportamento del gruppo Misto. Sono 46 senatori e almeno la metà – tra i quali i senatori di LeU – potrebbe votare a favore del ddl. Se così fosse, verrebbero compensata l’assenza di quei senatori renziani che hanno cambiato la loro posizione.
Si tratta però solo di supposizioni, o meglio ancora di speranze. Al momento i voti non ci sono e per le norme contro l’omofobia la strada è sempre più in salita.