«Si sono messi in testa di abbattere il ddl Zan», dice Enrico Letta. Alla radio il segretario del Pd risponde a Matteo Salvini che gli chiede di incontrarsi per discutere della legge contro l’omotransfobia. «Mai ci siamo sottratti al confronto – dice – e non lo faremo nemmeno ora che Salvini ci chiede di parlare. Ma sia chiaro, noi non ci fermeremo. Risponderò a Salvini dicendogli che il luogo per un confronto è il parlamento».

Per il disegno di legge Zan, che punisce le discriminazioni messe in atto anche contro le persone disabili, l’impressione è che si sia davvero arrivati all’ultimo miglio. In commissione Giustizia del Senato – dove il testo è impantanato ormai da mesi – proseguono le audizioni volute dal Carroccio mentre domani si terrà il tavolo sul quale il presidente della commissione Andrea Ostellari, che è anche relatore della legge, ha insistito non poco perché si facesse.

Alle 13, quindi, si vedranno i capigruppo di maggioranza per valutare qualcosa alla quale nessuno crede: la possibilità di concordare alcune modifiche al ddl in modo da poter procedere poi alla sua approvazione. Possibilità che, però, se si realizza contempla un’appendice non da poco: il rinvio del testo alla Camera – che l’ha già approvato a novembre dello scorso anno – con molte probabilità che venga definitivamente affossato, per dirla come la dice Letta.

Per questo l’incontro di domani è considerato da alcuni poco più di una perdita di tempo. «Lega e Forza Italia si presenteranno con il testo Ronzulli e cercheranno di spostare l’asse della legge sulle aggravanti, rifiutandosi di avere dei reati specifici», confida nel pomeriggio un senatore favorevole al ddl Zan. Che assicura: «Se questo è il terreno sul quale vogliono trattare, non è praticabile».

Che sia proprio questo, del resto. Salvini non ne fa mistero. Anche ieri il leader della Lega ha ripetuto quanto afferma da tempo: «Siamo disponibili a votare anche domani un pdl che aumenta le pene per chi aggredisce e discrimina sulla base della vita sessuale, della religione o della razza – ha riaffermato -. Quello che noi contestiamo è l’introduzione di nuovi reati di opinione, che sarebbero pericolosi, e il fatto che alcuni temi arrivino sui banchi di scuola».

La vera incognita non riguarda quindi la possibilità di raggiungere o meno un accordo, ma cosa farà Italia Viva. Il partito di Renzi ha votato il ddl Zan alla Camera e lo ha sostenuto fino a quando non ha cominciato a sostenere la necessità di arrivare a un confronto con la Lega. E anche due giorni fa Renzi ha chiesto delle correzioni al testo. La capogruppo del Misto Loredana De Petris (LeU) preferisce tagliare corto. «Per noi fondamentale è il voto del 6 luglio, altrimenti non si capisce che senso ha il tavolo», dice.

Martedì prossimo, 6 luglio, è prevista infatti la decisione sulla calendarizzazione del ddl Zan nell’aula di palazzo Madama, con la speranza di arrivare al voto definitivo entro il 13 luglio. Appuntamento tutt’altro che privo di ostacoli per la legge a causa del voto segreto che certamente verrà richiesto. I numeri sono risicati. Sulla carta i favorevoli alla legge (Pd, LeU, M5S, Autonomie e Italia Viva) sono 168 contro 151 contrari (oltre alla Lega, Fratelli d’Italia e una parte d Forza Italia), ma fatta eccezione per i senatori di LeU, nell’ex maggioranza giallorossa dubbiosi e incerti sono un po’ ovunque, almeno un decina tra i pentastellati e una quindicina nel gruppo Misto, solo per fare un esempio. Un voto al fotofinish, dunque, mentre in Italia si susseguono le aggressioni alle persone omosessuali.