Da adesso gli occhi di tutti saranno puntati su di loro, i 17 senatori di Italia viva. Prima ancora di vedere – quando sarà il momento – cosa accadrà con il voto segreto sugli emendamenti, le scelte che verranno fatte a partire da oggi dal drappello di parlamentari renziani potrebbero essere rivelatrici della sorte che spetta al ddl Zan.

Tre gli appuntamenti della giornata che vede il testo contro l’omotransfobia approdare finalmente nell’aula del Senato dopo mesi in cui è rimasto impantanato in commissione Giustizia. Alle 15 il presidente della commissione, il leghista Andrea Ostellari, tenterà ancora una volta di far passare la sua mediazione, una riscrittura delle norme contro l’omotransfobia fatta tenendo conto delle modifiche chieste da Lega e Italia viva e la cui principale novità è la cancellazione delle parole «identità di genere». Dato per scontato il fallimento del tentativo, il passo successivo sarà alle 16,30 con l’avvio della discussione in aula dove verranno presentate le pregiudiziali di costituzionalità, ma soprattutto dove probabilmente la Lega proporrà di rimandare il testo in commissione. «Se si insiste con la calendarizzazione in aula si rischia di allungare i tempi e si rischia anche l’affossamento», ha spiegato Ostellari nel tentativo di convincere i renziani.

Ma mentre sulle pregiudiziali Italia viva non seguirà la Lega, visto che ha già votato il ddl alla Camera, sulla seconda proposta resta da vedere cosa farà, per quanto sia improbabile che accetti di rimandare il testo in commissione, cosa che confermerebbe l’esistenza di un asse con i leghisti: «Domani (oggi, ndr) sarà il Vietnam», avvertiva ieri il sottosegretario all’Interno Ivan Scalfarotto (Iv). «Noi stiamo cercando di trovare un accordo che permetta di approvare il provvedimento, il rischio è che in questo momento il ddl Zan non diventi legge».

Se tutto filerà liscio, se la prima serie di ostacoli verrà superata, la presidente del Senato Elisabetta Casellati convocherà i capigruppo per decidere i termini entro i quali gli emendamenti dovranno essere presentati, dando così il via libera allo scontro parlamentare.

E che sarà scontro non ci sono dubbi. Ieri Matteo Salvini era in Calabria, a Lamezia Terme, ma prima di partire ha rilasciato dichiarazioni che suonano come una dichiarazione di guerra: «Domani (oggi, ndr) torno a Roma in aula perché c’è il ddl Zan da bloccare o quanto meno da cambiare in parlamento», ha annunciato mettendo da parte i toni da mediatore delle ultime settimane.

Una delle prime questioni da affrontare riguarderà i tempi: il dibattito in aula non prenderà meno di tre settimane, finendo inevitabilmente con l’incrociarsi con altri provvedimenti come il voto sul Cda Rai, la legge sul processo civile e una serie di decreti da convertire. Nulla di più probabile, quindi, che tutto slitti a settembre quando il semestre bianco, che comincia il 2 agosto, eviterà che un’ulteriore lacerazione della maggioranza possa preoccupare il governo. E del resto Draghi ha già spiegato che il testo contro l’omotransfobia riguarda solo il parlamento, che quindi dovrà sbrigarsela da solo.

Pd, LeU e M5S restano saldi sulle loro posizioni e insistono perché si vada al voto senza toccare il ddl Zan. Al dunque nessuno chiederà il voto segreto, e non lo farà neanche Italia viva, anche perché è sicuro che lo farà il centrodestra. «Non ho messo all’angolo il Pd. Se si vuole trovare un accordo – ha spiegato Matteo Renzi – io sarei contento di portare a casa la legge. Se poi invece si vuole andare alla conta per tenere in mano la bandierina identitaria come fu per le unioni civili e poi si va sotto sappiamo la colpa di chi è». Al leader di Iv ha risposto indirettamente Nicola Zingaretti. «In questo momento ci sono esseri umani che camminano per le strade e rischiano di essere picchiati o insultati o discriminati per l’orientamento sessuale. Li vogliamo difendere o non ce ne frega niente? E’ questo il punto», ha detto il governatore del Lazio. «Penso che sia giusto mettere tutti di fronte alle proprie responsabilità, gli italiani vogliono capire perché gli altri sono contrari e perché all’improvviso si vuole rimandare la decisione».