I prodotti di acciaio e alluminio importati negli Stati Uniti «sono così tanti ed entrano in tali circostanze che minacciano di indebolire la sicurezza nazionale». Con questa motivazione Donald Trump ha deciso di non prorogare l’esenzione temporanea concessa all’Europa fino a mezzanotte di giovedì e di applicare imposte del 25 per cento sull’acciaio e del 10 per cento sull’alluminio.

L’UNIONE EUROPEA ERA STATA esentata dai dazi in vigore dallo scorso primo marzo che avevano invece colpito da subito Cina, Russia e Turchia. Assieme Canada e Messico la Ue fornisce più della metà dei metalli totali agli Stati Uniti.

LA DECISIONE – ANTICIPATA dal segretario al Commercio Wilbur Ross – apre una guerra commerciale mondiale dagli esiti imprevedibili. L’Unione europea e tutti i suoi stati membri hanno già annunciato di voler rispondere con la stessa moneta e la Commissione europea sta già lavorando su tre direttrici. È già pronta la lista di contromisure per «riequilibrare» il danno originato dai dazi americani decidendo di alzare le tariffe su beni che vanno dalle barche a vela al burro di arachidi e al mais in scatola, dal riso ai mirtilli rossi, dal whiskey alle magliette di cotone, oltre naturalmente all’acciaio e all’alluminio stessi. L’idea è colpire soprattutto prodotti simbolo del «made in Usa», come i jeans Levi’s, le moto Harley-Davidson o il bourbon del Kentucky. Una rappresaglia che potrebbe costare agli Stati Uniti almeno 7,5 miliardi di dollari, con le prime tariffe europee che potrebbero scattare dal prossimo 20 giugno.

LA SECONDA DIRETTRICE è il controllo dei flussi di importazioni nella Ue di acciaio e alluminio da paesi terzi: si tratta di verificare se dai paesi terzi vengono dirottate le esportazioni che non si dirigono più verso il mercato americano. Infine, c’è l’attivazione dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) nel quadro del meccanismo «caso di risoluzione» delle controversie che potrebbe portare a una condanna degli Stati Uniti e all’autorizzazione di ritorsioni.

RISPEDITA INVECE AL MITTENTE la proposta del segretario Ross di continuare le trattative sarebbero anche con l’entrata in vigore dei dazi. Ross aveva invitato l’Europa a seguire il modello della Cina: Pechino sta subendo i dazi sui due metalli sin dalla loro entrata in vigore il 23 marzo scorso. Contemporaneamente sta trattando un accordo commerciale di più ampio respiro confidando di aumentare le sue esportazioni di beni alimentari ed energia in America. Ma il presidente della commissione Jean Claude Juncker: «Gli Stati Uniti ora non ci lasciano altra scelta che procedere».

La direttrice del Fondo monetario internazionale Christine Lagarde è molto preccupata dalla prospettiva di una guerra commerciale globale: «I più poveri e meno privilegiati sono quelli che risentiranno di più in caso di distruzione degli scambi commerciali», ha dichiarato.

ANCHE PERCHÉ L’OFFENSIVA di Trump su acciaio e alluminio potrebbe essere solo l’inizio del suo protezionismo in stile «America First»: il presidente americano ha infatti già aperto un’indagine sull’importazione di auto in Usa, agitando lo spettro di dazi del 20 per cento che preoccupano soprattutto le grandi case automobilistiche tedesche. Ma il tycoon minaccia anche una stretta su una lunga lista di beni hi-tech dalla Cina per un valore di 50 miliardi di dollari, a partire dalla metà di giugno. Il rischio escalation è dunque elevatissimo e agita in queste ore i lavori del G7 dei ministri finanziari in corso in Canada, che ha già annunciato contro-dazi, come il Messico. Con il tema dei dazi che naturalmente sarà al centro anche del G7 dei capi di Stato e di governo in programma sempre in Canada la prossima settimana, dove Trump rischia di trovarsi per la prima volta davvero isolato dagli altri leader delle principali potenze mondiali.