Era entrato nell’atrio dell’Università di Pisa, dove stava tenere una lectio magistralis, allontanando i giornalisti: «Non rilascio dichiarazioni». E invece una volta in cattedra Pier Camillo Davigo, neopresidente dell’Associazione nazionale dei magistrati, ha rincarato la dose del giorno prima elargita dalle colonne del Corriere della sera, una dose già non leggera contro i politici che «non hanno smesso di rubare. Hanno smesso di vergognarsi». Prima ha introdotto qualche distinguo: non è vero che in Italia rubano tutti. «Rubano molti. Non tutti. Altrimenti non avrebbe senso fare i processi». Ma i «molti» in questione sono politici e classe dirigente che «quando delinque fa un numero di vittime incomparabilmente più elevato di qualunque delinquente da strada e fa danni più gravi». Poi parte all’attacco, consapevole che da ore sulle agenzie non si parla che di lui e che l’ashtag #Davigo spopola su twitter. Non sono tutti complimenti. Anzi, il responsabile giustizia Pd Davide Ermini è severo: «Davigo cerca la rissa ma non la troverà. I giudici parlino con sentenze, noi rispettiamo il loro lavoro». Obiezione respinta per Davigo: «Dire che i magistrati devono parlare solo con le loro sentenze equivale a dire che devono stare zitti», «è come quando sui giornali di provincia qualche volta c’è il pescatore che ha pescato un luccio enorme. Io dico: è il pescatore affetto da protagonismo o è il luccio che è enorme?».

Il luccio sarà enorme, ma il paragone fra il ruolo del magistrato e quello del pescatore lascia perplessi. Come alcune affermazioni consegnate al Corriere. Sentenze dure e altri paragoni arditi sulla politica di ieri. E di oggi. «Avevamo preso le zebre lente, ma le altre zebre erano diventate più veloci». A fermare i magistrati «cominciò Berlusconi (…) ma nell’alternanza tra i due schieramenti, l’unica differenza fu che la destra le fece così grosse e così male che non hanno funzionato; la sinistra le fece in modo mirato». Ce n’è per Renzi che «aumenta la circolazione dei contanti, con la scusa risibile che i pensionati non hanno dimestichezza con le carte di credito». E se Renzi rivendica di aver aumentato le pene per i corrotti, «il punto è scoprire i reati. Anche con operazioni sotto copertura (…) mandando i poliziotti a offrire denaro ai politici, e arrestando chi accetta. Lo diceva anche Cantone; anche se ora ha smesso di dirlo». L’ultimo colpo sul Corriere è per il garante anticorruzione. Da Pisa invece è contro chi denuncia gli abusi della custodia cautelare: «Sono senza vergogna».
L’attacco di Renzi ai magistrati di Potenza era stato smisurato? La risposta del falco neoeletto a rappresentanza dei magistrati italiani è ancora più dura. Sembra di essere tornati a vent’anni fa, ai frontali fra Berlusconi e toghe del «resistere, resistere, resistere». «Il nostro paese non ha bisogno di una nuova stagione di scontro tra politica e magistratura, ha bisogno di dialogo», replica infatti il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini. Persino il solitamente esuberante Nicola Gratteri, fresco di nomina a procuratore di Catanzaro ed ex consulente del governo sull’antimafia, frena il collega: «Davigo è persona preparata e brillante ma ha sbagliato a generalizzare».

Nel Pd c’è chi para i colpi, come Walter Verini: «Davigo si è costruito un ring dove tira cazzotti da solo. L’impressione è che sia rimasto agli anni in cui le maggioranze facevano leggi ad personam. Non è più così». La più arrabbiata è Donatella Ferranti, magistrata a sua volta oltreché presidente della commissione giustizia della Camera: «Come si può dire che un’intera categoria di persone, in questo caso i politici, sono corrotti? Sono discorsi da bar e non accettabili da un magistrato». Dal Pd è il cannoneggiamento è generale, poche le eccezioni. A difenderlo invece sono i 5 stelle che rivendicano di aver fatto proprie le sue proposte, come quella dell’introduzione della figura dell’agente provocatore. Applaude anche il leghista Salvini: «Davigo?Lo incontrerò molto volentieri perché alcune battaglie comuni mi interessa farle con lui e l’Anm». Si nota il silenzio del Guardasigilli, uomo del dialogo, che in queste ore è negli Usa, da dove rientrerà domenica. E presto, secondo la prassi, dovrà incontrare il nuovo presidente dell’Anm e la nuova giunta.