«A Guantanamo lo sciopero della fame dei detenuti è al suo quinto mese. I secondini dalla fine di aprile hanno nuove direttive crudeli, impartite dalla nuova gestione del regime a Guantanamo del colonnello Bogdan, che puntano ad utilizzare ogni mezzo e misura coercitiva per spezzare lo sciopero della fame dei disperati di Guantanamo. Sono 142 su 166 detenuti che non intendono sospendere lo sciopero della fame sino alla loro liberazione. Le condizioni sono degradate al punto che possiamo sicuramente parlare di un ritorno alla Guantanamo del 2002. E inoltre nessun giornalista né alcun legale dei detenuti ha piu la possibilità di avere accesso al carcere».

È con questa agghiacciante denuncia del degrado delle condizioni dei prigionieri di Guantanamo che David Remes, giurista statunitense e avvocato di oltre dodici detenuti di Guantanamo descrive nell’incontro con il manifesto quanto sta avvenendo sotto i nostri occhi e nel silenzio di gran parte dei media. Il Pentagono, questa settimana, ha ammesso ufficialmente che è salito a 44 il numero dei detenuti a nutrizione forzata («per motivi umanitari», viene aggiunto. «Rifiutando il cibo sappiamo bene il rischio di morte giorno dopo giorno. E la scelta che abbiamo fatto – ha raccontato Samir al Hasan Moqbel in una telefonata all’organizzazione di Londra Reprieve e pubblicata come editoriale del New York Times – Ma la situazione ora è disperata. Non esiste né speranza né fine alla nostra detenzione a Guantanamo. È la nostra scelta di fronte alla crudelta ed alla sofferenza. Spero soltanto che le sofferenze che subiamo possano servire a destar ancora l’attenzione su quello che accade a Guantanamo prima che sia troppo tardi». Purtroppo fino ad ora le pressioni al massimo livello internazionale e istituzionale di Navi Pillar, Commissario dell’Onu per i diritti umani, di Amnesty International e della Croce Rossa internazionale sull’amministrazione statunitense del premio Nobel della pace Barack Obama hanno portato a scarsissimi risultati. Anzi il vero risultato sono nuove, estreme misure coercitive.

«Dopo l’irruzione violenta nelle celle il 15 aprile scorso dei militari in uniforme d’assalto armato (joint extraction operation), la carica con pallottole di gomma e l’isolamento in celle singole nel settore di “massima custodia e sicurezza” – ci spiega il giurista Remes – è stata introdotta una doppia tortura: la nutrizione forzata aggiungendo anche la perquisizione fisica “strip searching”, una volta denudati e i detenuti che protestano vengono palpati per tutto il corpo con controlli invasivi dei genitali per chiunque avesse intenzione di comunicare con il proprio legale o con i propri familiari. La conseguenza è stata che nessuno dei miei clienti ha piu dato notizie pur di evitare questa ulteriore tortura». «Guantanamo – prosegue David Remes – così è tornata indietro alle condizioni barbare del limbo legale del 2002.Il compito di instaurare le direttive di questo brutale regime con il muro del silenzio da e verso il mondo esterno è stato affidato recentemente al colonnello Bogdan, un capitan Bligh (quello del Bounty) dei giorni nostri. Che in cella ha tolto le lettere dei familiari, il dentifricio, la tv , l’illuminazione 24 al giorno, imponendo la nutrizione forzata e svegliando i detenuti ripetutamente mentre dormono di notte. Non mi meraviglierei se tutto ciò anziché spezzare lo sciopero della fame dei detenuti disperati li incoraggi alla “scelta con rischio di morte” di cui parla Samir Moqbel».

Chiediamo a Remes delle reazioni dei suoi clienti alle promesse di rescindere la moratoria per gli 86 yemeniti, prosciolti gia nel 2006 da Bush e nel 2009 da Obama. Ancora una risposta lapidaria: «Il preventivo di 550 milioni di dollari. per iristrutturare Guantanamo – risponde Remes – è stato fatto prima dell’elusivo discorso di Obama al paese sulla “National security”. La promessa della periodica revisione governativa comprende caso per caso, da sottoporre a mesi di procedure burocratiche ancor prima di essere avviata. E poi , dopo 11 anni a Guantanamo quale testimonianza possono ancora fornire questi detenuti innocenti per l’82%? È un assurdo kafkiano». E intanto, in questo muro di gomma instaurato con il nuovo regime di detenzione ferrea, come si viene a sapere se qualcuno muore o si suicida? «È proprio quello che temiamo», risponde concludendo Remes.