Nato a latere del progetto multimediale Ragioni per essere di buonumore, il nuovo album del talentuoso Byrne – American Utopia – si schiera contro la mestizia, il rancore e tutte le cupezze dei nostri giorni, mettendo insieme Alexis de Tocqueville e Konrad Lorenz, la robotica e le neuroscienze, fonti d’ispirazione dei suoi testi un po’ assurdi e inafferrabili, immersi in accattivanti e distorte melodie, quasi una rinfrancante terapia. Il suo antico sodale -quarant’anni di frequentazioni tra telepredicatori e dadaismo newyorchese- Brian Eno gli ha inviato degli abbozzi di drum machine e strutture armoniche che l’ex frontman dei Talking Heads, oggi un amabile 65enne dalla candida capigliatura, ha progressivamente ascoltato, modificato e reinventato in forma di canzone.

Un progetto messo a punto messo a punto con l’aiuto di una lista sterminata di amici e collaboratori, frutto delle sue numerose esperienze artistiche di questo ultimo lustro, dall’operetta disco Here Love Lies su Imelda Marcos al libro How Music Works, analisi delle trasformazioni dell’universo pop-rock e installazioni sperimentali come Playing the building dove grandi edifici diventano enormi strumenti musicali con note e suoni oscillanti (senza dimenticare fotografie, disegni e giri in bicicletta). Quindi Isaiah Barr al sax (Onyx Collective), Thomas Bartlett (aka Doveman) al mellotron, Joey Waronker alla batteria, Daniel Lopatin (Oneohtrix Point Never) alle tastiere elettroniche, il cantautore londinese Sampha voce e piano e Brian Eno a una miriade di strumenti, accompagnano Byrne in questo zibaldone sonoro fresco e dinamico.

Undici brani tutti diversi, dove il singolo Everybody’s coming to my house ricorda i momenti migliori di fiati e poliritmie mentre Not dark up here ha il nevrotico incedere di un uomo alla ricerca delle giuste risposte e Gasoline and Dirty Sheets tra percussioni e armonica racconta di fast food e pubblicità con gli occhi di un rifugiato. Il catalogo è assortito e spiazzante come in I dance like this, un motivetto amatoriale al pianoforte che introduce un rumorismo scompagnato, pronto a tornare quieto e rilassato.

Forse siamo sempre sulla strada verso Nowhere, accumulando miglia nelle nostre peripezie esistenziali, soffermandoci su Bullett, l’uccisione di un uomo vista in soggettiva dalla pallottola o Every day is a miracle, un eden religioso per le galline pieno di aitanti pollastri e granone. C’è grande vitalità e voglia di mettersi in gioco in questo disco solista ma affollato, in uscita il 9 marzo, ascoltabile sul sito della Npr che sarà presto portato in tour mondiale con tre date in Italia, a luglio. Byrne continua a guardare avanti e a fare musica attualissima, capace di divertirci e incatenarci allo stesso tempo.