Dave Van Ronk lo si vede velocemente all’inizio di No Direction Home: Bob Dylan di Martin Scorsese. Un passaggio inevitabile. Primo dell’avvento del menestrello di Duluth, Van Ronk era un personaggio di primo piano della scena folk che gravitava intorno al Village. La sua importanza è indiscussa. I musicologi si occupano ancora dell’impatto culturale che la sua musica ha avuto su cantautori e musicisti venuti dopo come Joni Mitchell e Townes Van Zandt. Però il suo nome è conosciuto ancor meno di quello di, per fare un esempio, di Phil Ochs che se non altro aveva alle spalle l’Elektra.

Van Ronk è l’eminenza grigia di Inside Llewyn Davis, il film dei fratelli Coen in concorso a Cannes. Cosa abbia in comune il personaggio interpretato dal bravo Oscar Isaac è tutto da vedere, considerato che il film si risolve per l’ennesima volta in una rilettura circolare dell’odissea. A dire il vero i primi cinque minuti traggono in inganno, poi tutto rientra nella norma con le solite caratterizzazioni caricaturali e surrealismi un tot al chilo. Van Ronk, invece, era uno serio. Ancorato alle radici della canzone folk, ha mantenuto fede alla sua vocazione sino alla fine dei suoi giorni. Indifferente alle mode ha navigato come ha potuto la summer of love e la grande depressione oppiacea degli anni Settanta. Esordisce nel 1959 con un capolavoro, Black Mountain Blues, e nel corso dei Sixties firma dischi importanti del calibro di Just Dave Van Ronk (1964) e Dave Van Ronk, Folksinger (1967). Anche nella decade successiva riesce a lasciare il segno con Sunday Street (1976) che alcuni dei devoti frequentatori del musicista considerano uno dei suoi maggiori dischi di sempre.

Musicista dalla discografia intricata e numerosa, nella quale non è facile orientarsi, Van Ronk è rimasto sempre distante dai lidi del rock anche se i cugini più svegli armati di stratocaster non hanno mai smesso di prestare ascolto alle sue canzoni. E se è vero che Bob Dylan ha poi passato un colpo di spugna su linguaggi, patrimonio, dogmi della canzone folk, è anche vero che Van Ronk è rimasto come esempio di un’integrità e passione che gli ha permesso di diventare un monumento dell’Americana. Dalle parti di John Fahey e pochi altri.

Che poi i Coen abbiamo scippato il finale di The Wanderers – I nuovi ribelli di Philip Kaufman per segnalare l’avvento di una nuova era, Llewyn folgorato dal tipico “belato” dylaniano proprio come il greaser e rocker Ken Wahl si fermava interdetto ascoltando per puro caso The Time They Are A’ Changin, la dice lunga su come la memoria storica della musica e non solo è utilizzata da registi narcisi. Come dire che Van Ronk non abita da queste parti.