Non ha bisogno di farsi pregare Dave Grohl nel rispondere un po’ su tutto, attraverso le domande selezionate nella round table virtuale via zoom. Da Los Angeles ha così mostrato il suo lato, peraltro ben noto, di gran chiacchierone e di rockstar alla mano. L’occasione di ascoltare l’ex batterista dei Nirvana e front-man dei Foo Fighters è dettata dalla pubblicazione del decimo album della sua band: Medicine at Midnight. Anticipato dal singolo Shame Shame, dapprima accolto con sano scetticismo da fan più vigili, per poi – ascoltato l’intero disco – ricredersi. Ma, quest’uscita come dice racchiude anche altre feste e anniversari che la pandemia ha nei fatti «trasformato in altro». Infatti Medicine at Midnight doveva essere il disco celebrativo dei 25 anni della band da portare dal vivo in un infinito tour di due anni.

«GIÀ PREGUSTAVO la gioia di far concerti su concerti. Questo era il mio intendimento e dei fighters. La volontà era quella di realizzare un album allegro, ballabile. Abbiamo finito di registrarlo nel gennaio 2020 ed è esplosa la pandemia». Di colpo tutto si ferma e non c’è stato più un momento giusto per far partire la macchina dei concerti: «E mi sono ritrovato a dover suonare in modalità streaming, un’operazione che all’inizio ritenevo un’idea sbagliata. Ma a sbagliare ero io, perché questa modalità mi ha consentito di sperimentare e ricreare in modo diverso le vibrazioni che solo suonare dal vivo possono dare. Se si tornerà alla normalità io sarò comunque il primo a salire di nuovo sul palco».
Grohl durante l’incontro sottolinea più volte i concetti di connessione, empatia:«Le nuove canzoni sono state scritte per essere ascoltate e non solo dal vivo. Ho avuto sempre in conto l’esigenza che tutti i miei pezzi potevano entrar a far parte della vita delle persone». In questo è la consapevolezza di ciò che fa e dello stile di vita che persegue da quattro decenni, da quando suonava: «per cento persone come per centomila. Lì sta la sola differenza tra quando giravo con gli Scream ed oggi. Perché quando si prova si sta chiusi in una stanza ed è lì che può nascere qualcosa di buono». «Dopotutto siamo fortunati e allo stesso tempo abbiamo conservato la nostra semplicità. Non sentiamo il peso della popolarità, siamo un gruppo di amici. Sei personalità diverse che quando si ritrovano producono questo sound che li fa stare insieme come una sola ».

Foo Fighters

E «MEDICINE AT MIDNIGHT» è una terapia per il cuore e per l’anima: «Sono canzoni che hanno un lato leggero e colorato». Come la copertina sembra indicare:«È molto più vivace delle precedenti. L’occhio che vi campeggia arriva dal video di Shame Shame: è un’immagine potente ed appartiene alla ballerina Sofia Boutella ed è un’idea della regista e fotografa di moda Paola Kudacki».
Ascoltando Grohl rispondere a domande sul rapporto con i Nirvana e Cobain, la lavorazione di Unplugged, i precari equilibri della band, il piacere di avere molti amici in Italia, è che il cinquantenne musicista americano, con tre figlie che ascoltano i Beatles e non solo Billie Eilish («la dimostrazione che il rock non è un morto che cammina e può reinventarsi in altre modi») è ancora il figlio ribelle che a Washington seguiva la scena punk piuttosto che ascoltare il padre giornalista e speech writer dei repubblicani.