Sono 131 i ragazzi con meno di diciotto anni ristretti nei diciassette istituti penali per minorenni (Ipm). A loro dobbiamo aggiungere altri 185 giovani che hanno un’età tra i diciotto e i venticinque anni. Dei 316 detenuti negli Ipm solo 8 sono ragazze, circa il 40% è composto da stranieri. Questa alta percentuale si deve alle minori opportunità di accedere alle misure diverse dal carcere, che spesso presuppongono una famiglia o una casa. Dunque possiamo dire che il sistema della giustizia penale minorile non è deflagrato così come quello degli adulti. Non c’è fortunatamente sovraffollamento.

Questa è una bella notizia che arriva negli stessi giorni in cui contiamo nelle galere degli adulti, invece, il decimo morto suicida dall’inizio del 2022. I meccanismi procedurali non repressivi e le progettualità sociali alternative alla risposta carceraria hanno retto nonostante i tentativi diretti nel tempo a smantellarli. Essi non solo hanno residualizzato la risposta carceraria ma hanno sicuramente contribuito a ridurre tutti gli indici di delittuosità: se guardiamo infatti al numero totale dei minorenni arrestati o fermati dalle forze di polizia, siamo passati dalle 34.366 segnalazioni del 2016 alle 26.271 del 2020, con un calo percentuale del 24%.

Non tutto è inoltre esito della pandemia. Il calo, infatti, era già riscontrabile nel 2019 quando le segnalazioni erano state 29.544 con un calo rispetto al 2016 del 15%. Sempre considerando il quinquennio 2016-2020, gli omicidi volontari consumati da minorenni si sono ridotti enormemente, diminuendo di ben il 66%: erano stati 33 nel 2016 e sono scesi a 11 nel 2020. È un trend positivo che è iniziato a partire dagli anni ’90.
I numeri sono così bassi che ben potrebbero suggerire l’adozione di modelli reclusivi molto avanzati che si distanzino significativamente dalla risposta carceraria tradizionale.

Sarebbe infatti buona cosa, così come suggerito anche della Commissione Ruotolo per l’innovazione penitenziaria, se fosse approvato un nuovo regolamento penitenziario solo per i ragazzi e i giovani adulti, in modo da favorire una quotidianità detentiva ispirata a risposte educative personalizzate intorno ai bisogni adolescenziali e giovanili. Vanno del tutto abbandonate pratiche meramente disciplinari, nonché l’uso dell’isolamento punitivo. Inoltre sarebbe importante se si affidasse il controllo interno agli istituti penali per minorenni non alla Polizia Penitenziaria (lo ha suggerito il Garante Nazionale Mauro Palma in occasione della conferenza stampa organizzata da Antigone presso lo studio legale Legance) ma a funzionari esperti in ambito pedagogico.

Bisogna con coraggio trasformare le carceri in custodie attenuate aperte al territorio, dove i ragazzi possano andare a frequentare le scuole del quartiere, rendendo il rapporto dentro-fuori meno traumatico.
Il rapporto di Antigone sulle carceri minorili si intitola Keep it trill. Trill è una parola che nasce dall’unione di true e real. Nello slang hip hop rimanda a qualcosa di genuino. L’hip hop è un linguaggio che accomuna tanti ragazzi, fuori e dentro. Francesco “Kento” Carlo da anni tiene laboratori rap in numerose carceri minorili. Tra i ragazzi che ha incontrato c’è Roman, oggi in comunità. Scrive e canta testi importanti che raccontano la vita di strada. Con il rap i ragazzi non si autocommiserano, si emancipano, trovano una loro identità che non può essere quella di detenuto o di ex detenuto. L’Italia nel 1988, con il codice di procedura penali per minorenni, iniziò un percorso virtuoso. Bisogna insistere su quella strada affinché non possa più esservi un ragazzo ex detenuto.

* Presidente di Antigone