Si svolgerà da martedì prossimo, sino a domenica, a Torino, la diciottesima edizione di CinemAmbiente. Salassata dai tagli, spostata di data, per essere più legata all’Expo torinese, quindi al concetto di nutrire il pianeta (esempio: 10 Billion – What’s on Your Plate? di Valentin Thurn, Germania, che si interroga sul problema alimentare quando l’umanità sarà composta da 10 miliardi di individui e lo sguardo poetico di Human di Yann Arthus-Bertrand, Francia) la rassegna diretta da Gaetano Capizzi non demorde, anzi scodella un programma che sulla carta si presenta come denso di proposte curiose articolate in diverse sezioni, competitive e non.

 
Tra gli argomenti spiccano tematiche che potremmo definire quotidiane come il pedalare in città (Bikes vs Cars di Fredrik Gertten, Svezia; Contromano di Stefano Gabbiani, Italia) a questioni come il fracking (The High Cost of Cheap Gas di Jeffrey Barbee, Sud Africa) ai conflitti minerari (Saving Mes Aynak di Brent E. Huffman, Usa, ma la tematica racconta di un archeologo afghano; Buena Vida di Jens Schanze, Germania/Svizzera/Colombia, dove l’espansione della più grande miniera di carbone al mondo espelle gli indigeni; mentre Mare carbone di Gian Luca Rossi, Italia, parla di una miniera di carbone nostrana che dovrebbe sorgere in Calabria).

 

 

Realtà contadine e realtà metropolitane, conflitti, inquinamento, problematiche tutte legate a questo straccio di pianeta sempre più strapazzato dall’avidità di pochi e dall’ignavia di molti. Imperdibile poi La Glace et le Ciel, il documentario di Luc Jacquet, già premio Oscar per La marcia dei pinguini. Il regista, presente a Torino, ripercorre l’avvincente storia di Claude Lorius, lo scienziato francese che per primo ha intuito come attraverso lo studio dei ghiacci si possano fare importanti scoperte e valutazioni sul clima.

 
Un programma ricco quindi e un piccolo, gustosissimo assaggio viene da Dark Side of the Chew di Andrew Nisker, bizzarra e a tratti imprevedibile cavalcata nel mondo del chewing gum. Si parte dal dato più banale, quello che è capitato a tutti per colpa di qualche maleducato: l’essersi impiastricciato con una gomma. Che siano scarpe, vestiti, zainetti l’appiccicoso aggeggio crea danni modesti, ma indispettisce non poco. Nisker parte dal Canada per la sua ricognizione che prende sempre più corpo e sostanza. Scopre per esempio che in Finlandia 3-4mila anni prima di Cristo gli uomini dell’età della pietra masticavano qualcosa di simile. Lo psicologo dice che la masticazione stimola i terminali del piacere e questo spiega il successo della gomma. Solo che forse abbiamo esagerato. Giusto per avere un’idea durante la seconda guerra mondiale sono state consumate 150 miliardi di gomme. E qui cominciano i problemi. Perché sin da quando l’industria ha fiutato il business colossale (antesignano Wrigley) quel che ci si mette in bocca è plastica con aggiunta di dolcificanti, coloranti e altre chimichezze. Quindi ci potrebbero essere guai per l’organismo.

 

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Si dice che la gomma aiuti a concentrarsi. L’indomito Nisker smentisce anche questa ipotesi con un esperimento. Ma soprattutto la devastazione più grave è l’inquinamento. Qualche città ha vietato di gettare gomme usate per strada, ma ovunque, in ogni emisfero, lasciano invece il loro segno e le spese per ripulire sono colossali e pesano drammaticamente sui bilanci comunali. E non è una questione solo estetica.

 

 

Quei piccoli grumi di plastica sommati diventano tonnellate e prima di essere riassorbite ci vuole un’infinità di tempo. Un calcolo dice che, solo a Toronto per terra si conterebbero 719 milioni di gomme, 2mila tonnellate di plastica non biodegradabile. E allora? Bisognerà rinunciare alle gomme da masticare? Forse no, perché basterebbe usare prodotti naturali e vegani, che esistono sin dai tempi dei Maya, infatti vediamo in Messico come si raccoglie e tratta la gomma non inquinante che diventa Chicza.
Nisker è molto abile nel raccontare ricorrendo a animazione, computer graphic, immagini di repertorio, inchieste, interviste, sempre con tono serio mai serioso, a modo suo una piccola lezione di cinema e rispetto dell’ambiente.