Chissà cosa si aspettava da lui il pubblico, che ben prima dell’orario previsto aveva già occupato le centinaia di sedie disposte nella chiesa di San Filippo Neri, la più grande della città. Complice dell’attesa, il rosso delle luci spalmato sugli interni barocchi. E il titolo scelto per l’incontro di apertura di Torino Spiritualità, Non temerai i terrori della notte. Molte le teste chine, a leggere sul pieghevole del festival le ragioni di quel titolo, mutuato da un versetto del Salmo 90 «…per avventurarsi nel regno delle paure, quelle reali e quelle sognate, quelle incontrollabili e quelle che siamo riusciti a dissolvere…». Lui, alle 18 e 30, era salito sul palco con Luciano Manicardi, priore della Comunità di Bose, e rivolgendosi al pubblico aveva chiesto «Cosa vi aspettate da me? Forse qualche parola fantastica, qualche concetto meraviglioso? Dirò cose molto semplici, racconterò alcune parti della mia vita». La delusione era serpeggiata in silenzio. Questo, da Dario Argento, maestro dell’horror, nessuno se lo aspettava.

Al contrario, sarà Argento stesso a smantellare l’idea dell’uomo tenebroso, divorato dagli incubi che ha creato, prigioniero di paure e tormenti. O meglio: a incanalarla dentro una dimensione parallela. «Possiedo il dono meraviglioso di riuscire a parlare con la mia metà oscura senza rimanerne sconvolto. È lei che durante la notte mi spinge a scrivere, da solo, dentro una stanza. Aspetto le idee, se non arrivano apro una finestra. Perché ciò che pensiamo, sogniamo, rimane nell’aria. Mi sono avvicinato alla mia metà oscura da piccolo, vedendo a teatro l’Amleto. L’apparizione del fantasma del padre di Amleto mi lasciò profondamente turbato. Pochi anni dopo «rubai» dalla biblioteca di casa i Racconti di Edgard Allan Poe. Da quel momento, ogni volta che percorrevo nel buio il corridoio fino alla mia stanza, aspettavo l’apparizione degli spettri e dei morti viventi». Gli chiedono: ha mai condiviso le sue storie con le donne che le sono state accanto? «Le ho sempre tenute per me. Le mie storie nascono quando sono a letto, sospeso in un dormiveglia miracoloso. Non ho bisogno di aiuto e non lo cerco.

Vorrei invece parlare delle mie figlie. Hanno voluto vivere con me, abbiamo viaggiato insieme, venivano sul set, ancora oggi sono le mie migliori compagne. Se hanno visto i miei film? Certamente, fin da bambine. I bambini capiscono meglio la paura, la sanno apprezzare, la usano per divertirsi». Perché la notte incute spavento? «Non lo so. Io penso che la notte sia bellissima. Ti invita a sognare, e i sogni più affascinanti sono quelli incomprensibili. Ti svegli e ti chiedi «Perché ho fatto questo sogno?». A volte trovi una spiegazione, ma in genere non ci riesci». Salmo 90: non temerai i terrori della notte, né la peste che vaga nella tenebra. «Suspiria è una saga di persone che non esistono, e le streghe non esistono. Però sono molto interessanti, nella letteratura e nel cinema. Catturano la fantasia, la trascinano. Fanno parte della mia spiritualità». Dario Argento crede? «Ho studiato in istituti religiosi, andavo a messa, cantavo nel coro della scuola. Crescendo, sono diventato non credente. A riavvicinarmi alla fede è stata la morte di mio padre. Ma questo non ha cambiato il mio cinema. È semplicemente un modo di vivere diverso».