Con un decreto il Senato Veneto autorizza, il 24 settembre 1750, l’apertura di una stanza al Fonteghetto della Farina affinché i giovani possano destreggiarsi col “dissegno” al fine “[del ] maggior lustro della Dominante”. Poco  dopo la  morte del Piazzetta (1754), primo “direttore della Pubblica Accademia di Pittura e Scultura” i Riformatori dello Studio di Padova  autorizzano in via permanente la Scuola. Queste le origini dell’Istituto di Belle Arti di Venezia a cui nel 1903 si iscrive il diciannovenne Amedeo Modigliani. Il giovane artista risiede in San Marco, via 22 marzo, e sperimenta la vita dei quartieri più poveri della città. Pochi anni dopo, nel 1906, arriva a Venezia anche  Umberto Boccioni per frequentare a sua volta la Scuola libera del Nudo. L’Accademia di Belle Arti, all’inizio del ‘900, è un luogo di grande fermento creativo in cui si dibatte e si litiga dei più disparati argomenti, dalle questioni urbanistiche ai progetti architettonici, dalla tutela e restauro delle opere d’arte a quelli dei monumenti cittadini. Nel verbale della seduta del Collegio Accademico del 21 gennaio 1900 il presidente Pompeo Molmenti e il “guardiano grande” dell’arciconfraternita della Scuola Grande di San Rocco si confrontano sul restauro delle tele del Tintoretto. Il quadro che maggiormente preoccupa la commissione delegata a giudicare lo stato dei dipinti è la maestosa Crocefissione che deve essere leggermente verniciata causa “il prosciugamento avvenuto in seguito all’ossidazione di alcuni colori”. Dopo una serie di dure polemiche che rimbalzano anche nei giornali tra Molmenti da una parte e la commissione dall’altra, nell’autunno dello stesso anno si interviene sul soffitto della Sala dell’Albergo. In quello stesso anno un altro scontro nel Consiglio dell’Accademia coinvolge la Corporazione dei pittori e scultori italiani e l’Associazione italiana pittori e scultori. Il casus belli é l’esposizione al Glaspalast di Monaco di Baviera del 1902. La Corporazione non partecipa causa un colpo di mano dell’Associazione Italiana che si vendica così della esclusione dei suoi soci dalla Biennale del 1899. A causa di ciò numerosi membri del consiglio Accademico tra cui Pietro Fragiacomo, Lino e Luigi Selvatico, Ettore Tito rassegnano platealmente le loro dimissioni.
Queste sono solo alcune delle interessanti informazioni che si possono ricavare dalla poderosa impresa editoriale sulla Storia dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, Antiga edizioni, divisa in tre volumi suddivisi a loro volta in sei tomi più, nel cofanetto del ‘700, la ristampa anastatica degli Studj di pittura di Giovanbattista  Piazzetta (1760). Coordinati da Sileno Salvagnini vi hanno lavorato una sessantina di studiosi. ” Se non ci fossero state le Scuole o Botteghe o Atelier o Accademie o come si voglia altro definirle- sottolinea il curatore- del Verrocchio, dei Bellini o dei Carracci, ma le sole Università aristocratiche quanto ai saperi e quasi inarrivabili, queste ultime avrebbero saputo fare dell’Italia artistica quello che è stata e per la quale viene ricordata ora?”. Il volume I, a cura di Giuseppe Pavanello, é dedicato a Il Settecento. Di questo primo periodo l’Archivio dell’Accademia conserva un ricco fondo di fascicoli, registri, lettere, elenchi di studenti che vanno dal 1756 fino al 1806,  cui vanno aggiunti altri tre fondi di Pietro Edwards (dal 1770 al 1828),  primo segretario dell’Accademia, dell’architetto Antonio Diedo (dal 1787 al 1846), e del Collegio dei pittori di Venezia (dal 1764 al 1792). Il secondo tomo (pagg. 551 con 16 immagini), curato da Ilaria Mariani, riporta la trascrizione integrale dei documenti del ‘700 conservati nell’Archivio dell’Accademia da cui risultano essere stati iscritti artisti come Giovanbattista Piazzetta, Giovanbattista Tiepolo, il Canaletto, Pietro Longhi, Antonio Canova. Ma veniamo all’800. Il II Volume, a cura di Nico Stringa, 370 pagg con 500 immagini, ci racconta che lo Statuto dell’Accademia di Venezia viene promulgato, per volontà napoleonica, nel 1807. La nuova sede viene spostata nell’ex complesso  del Convento della Carità – dove si trovano tuttora le Gallerie- e l’anno dopo viene nominato presidente il conte Leopoldo Cicognara, un erudito, grande amico di Antonio Canova, ministro plenipotenziario  della Repubblica Cisalpina a Torino. Se nella  prima formazione le riflessioni dei suoi scritti sono rivolte agli aristocratici dell’Arcadia, dopo la sua elezione si rivolgono agli studenti dell’ Accademia, che  secondo le norme dei nuovi statuti napoleonici  “avrebbe dovuto trasformarsi in uno dei maggiori centri di diffusione della cultura ufficiale”. Per Cicognara ciò significa recuperare la grande cultura veneta come elemento insostituibile della nuova Europa che si sta formando.
Dopo l’uscita di Cicognara (1817) nel periodo della restaurazione absburgica il Governo centrale privilegia l’Accademia di Brera, poiché Milano é la capitale del Viceregno, si parla infatti di una unica istituzione, l’Accademia di Milano- Venezia. Nel 1849 arriva il marchese Pietro Selvatico– architetto, critico d’arte e fine intellettuale cosmopolita – che  propone  alle autorità centrali una serie di riforme radicali della didattica che, in generale, siano attente alla “vita moderna”.
 L’800 si chiude con la Mostra Nazionale Artistica del 1887 ma soprattutto con la nascita, il 30 aprile del 1895, della Biennale di Venezia, ideata per rilanciare la città dal sindaco progressista, anche presidente del Collegio accademico, Pietro Selvatico. Fra gli artisti e gli allievi i documenti pubblicati elencano Francesco Hayez, Pompeo Marino Molmenti, Guglielmo Ciardi, Giacomo Favretto, Pietro Fragiacomo, Ettore Tito. E veniamo al novecento col Volume III, curato da Sileno Salvagnini. Nel XX secolo, raccontato nel I tomo,  543 pagg. e 500 illustrazioni, l’Accademia cambia pelle sia per la morte di vecchi maestri come  Guglielmo Ciardi, sia per gli sconvolgimenti determinati dai due conflitti mondiali. Negli anni del fascismo, a partire da Virgilio Guidi, una folta schiera di giovani artisti, porta una ventata di novità alla scuola. Fra questi Bruno Saetti, Armando Pizzinato, Alberto Viani, Mario Deluigi, Edmondo Bacci, Arturo Martini che risulta essere anche il primo artista ad ottenere la cattedra senza aver frequentato da studente l’Accademia. La chiamata per chiara fama coinvolgerà poi artisti come Santomaso e Vedova a cui, nel dopoguerra, la scuola si apre gradualmente. Ma le novità più radicali sono portate dal ’68. Il 5 marzo di quell’anno gli studenti occupano la scuola e tra il 18 ed il 22 giugno forzano gli ingressi della Biennale contestandone la natura elitaria e borghese. In chiusura del ‘900 l’Accademia, prima in Italia, avvia la Scuola di Nuove Tecnologie per l’Arte.
Infine da segnalare una trentina di disegni inediti del Fondo storico e alcuni documenti dell’Archivio riprodotti nel II tomo a cura di Matteo Bonanomi e Lara Marchese.
Beatrice Andreose

PRESENTAZIONE
  Nell’ambito delle celebrazioni per il bicentenario dell’apertura delle Gallerie dell’Accademia al pubblico la direttrice Paola Marini ha inserito la presentazione dell’opera in programma per il prossimo 28 marzo alle 17. Tra i relatori vi saranno Matteo Ceriana, direttore della Galleria Palatina di Firenze, e Flavio Fergonzi della Normale Superiore di Pisa.
L’opera è in vendita presso numerose librerie ed è consultabile nelle biblioteche a partire da quelle della fondazione Cini e dell’Accademia.