«Ho messo al centro la passione, un termine ambiguo che contiene sia il desiderio che il dolore» racconta Dante Antonelli, regista e drammaturgo romano che presenta in prima assoluta al Romaeuropa festival lo spettacolo Atto di passione. In scena al Mattatoio fino a domenica, il lavoro è il secondo della serie Quattro atti impuri ispirata all’opera e alla vita dello scrittore giapponese Yukio Mishima. Figura controversa – «su Mishima c’è stata un’appropriazione culturale indebita da parte delle destre», sintetizza Antonelli – sul palco riconosciamo alcuni caratteri dei suoi romanzi come la difficoltà nell’accettazione della propria sessualità, seppur qui con un paradossale rovesciamento. Valentina Beotti e Claudio Larena interpretano due esseri umani distanti, «si potrebbe dire che il linguaggio di lei è la letteratura e quello di lui la poesia», alla ricerca di un continuo punto di equilibrio nei discorsi come nelle acrobazie che legano i loro corpi. Allo spettatore viene richiesto un coinvolgimento emotivo importante per calarsi in questo conflitto tra anime fragili. Abbiamo intervistato Antonelli, approfondendo le ragioni del suo avvicinamento all’opera dello scrittore giapponese.

Si è ispirato ad alcune opere di Yukio Mishima pur scrivendo un testo autonomo, come si è sviluppata la drammaturgia?

Non volevo portare in scena le opere di Mishima ma dare loro una nuova possibilità di parlare attraverso me e gli attori. Ho creato qualcosa di nuovo a partire da un elemento ricorrente, ovvero la relazione tra due persone con una grande differenza di età, presente in Colori proibiti, ne La scuola della carne e in Trastulli di animali, tutte opere della maturità per uno scrittore che ci ha lasciato molto presto. Io mi considero un drammaturgo, non «autore» di vecchio retaggio: non consegno mai un testo già concluso agli interpreti, lo compongo per loro e con loro perché la scrittura non può prescindere da ciò che accade sul palco. Con Valentina Beotti e Claudio Larena avevo già lavorato in passato, hanno delle differenze non solo di età ma anche di formazione e di esperienze. Mi sono focalizzato su questi contrasti rendendoli un motore per la scrittura, portando in scena due linguaggi diversi in un incontro-scontro. Il processo creativo ha coinvolto anche Mario Russo, polistrumentista che suona dal vivo durante lo spettacolo, riuscendo a comunicare con gli attori attraverso la musica. Credo che ogni aspetto debba nascere insieme per ottenere un’opera sinfonica e coerente.

Il regista dello spettacolo Dante Antonelli

La sessualità è al centro dello spettacolo, in un periodo storico in cui anche il teatro tratta spesso l’argomento su un piano politico, lei ne ha indagato il carattere scandaloso, doloroso e intimo.

È un lavoro sull’eros, una dimensione complessa per due persone che non sono naturalmente portate ad attrarsi. È forse una storia di non amore, ma questo non significa che non ci sia desiderio. Già nello spettacolo precedente ispirato a Mishima, Atto di adorazione, avevo messo a fuoco questo tema della sessualità scandalosa; i due capitoli infatti sono conseguenti, con la figura di Claudio che ne segna la continuità. Personalmente cerco di non sviluppare mai un lavoro a partire da una mia idea politica, c’è il rischio di schiacciare l’opera e di risultare didascalici, inoltre credo che siano altri i luoghi dove manifestare i propri principi, dove lottare. Credo anche però che uno spettacolo aperto e in dialogo col presente faccia naturalmente emergere in controluce i temi di attualità, è ciò che ho tentato di realizzare.

Nei dialoghi si torna più volte su alcuni momenti cardine, come a volerne indagare le possibilità inespresse.

Volevo sposare la drammaturgia del romanzo che la protagonista sta scrivendo, c’è una fusione tra la scrittura per il palco e quella che avviene nella sua mente, in cui è compreso quindi anche il meccanismo della memoria. C’è poi il tentativo di riscrivere la storia di Yukio Mishima attraverso la figura di Valentina che possiede quindi una drammaturgia molto complessa, essendo allo stesso tempo anche un mio alter ego.