Il torrenzialmente sulfureo Daniele Sepe è stato messo al tappeto dalla pestilenza pandemica. Per reagire, in qualche modo, all’impossibilità di esibirsi dal vivo, il sassofonista napoletano ha affittato uno studio e ha registrato un po’ del repertorio abitualmente eseguito live, insieme ai suoi fidi accompagnatori della Rote Jazz Fraktion. In questo tempo carico di incertezze, si è affidato ai pilastri della buona educazione musicale: grande scrittura jazzistica, amate colonne sonore da film, melodie popolari e napoletane, quel tocco d’imprevedibilità e ironia in grado d’incendiare le trombe di Eustacchio, i padiglioni auricolari e altri condotti uditivi assortiti.

NE SONO VENUTI fuori due album, il primo di repertorio strumentale, il secondo di canzoni famose, con la lodevole guest singer Emilia Zamunier. Lockdown #1 è stato pubblicato all’inizio di dicembre di quest’anno, esclusivamente sulle piattaforme digitali. Con i files HD verranno consegnati anche i files Mp3, il libretto in pdf e le partiture dei brani. Come suggerisce Daniele su Facebook, «potete realizzare da soli il vostro cd o il vostro vinile utilizzando i files HD, non usate gli Mp3 di qualità infinitamente più scadente». Invece se si vuole anche in anteprima Lockdown #2 tocca arrivare a 18 euro, nella campagna di crowfunding su Produzioni dal basso.

E VENIAMO agli artifici enarmonici, i trucchetti compositivi e la grande voglia di suonare della band con Tommy De Paola (piano e tastiere), Davide Costagliola (basso elettrico), Antonello Iannotta (percussioni), Paolo Forlini (batteria) e il caricatissimo Daniele Sepe, che vuole disorientare le sue legioni, vestendo ora gli abiti malinconici e prolissi di John Coltrane ora i trilli ironici e distorti di Sonny Rollins, i suoi due idoli, conservando quella suprema capacità d’infilarci un marameo fuoritono tra cromatismi e armonizzazioni. Nel primo album c’è una vitalità contagiosa, cominciando con Amarcord di Nino Rota, una suite dalle musiche del film, Indagine su di un cittadino al di sopra di ogni sospetto di Ennio Morricone coi metallici rullanti in ebollizione e La marcia di Esculapio di Piero Piccioni, da Il medico della mutua di Luigi Zampa poi Sakura, un brano tradizionale giapponese rielaborato in occasione del cinquantenario del gemellaggio tra le città di Napoli e Kagoshima, più il celebre calypso St. Thomas, e l’omaggio alla bianca sorella satellite, Lunita Tucumana di Atahualpa Yupanqui. Da solo questo album rinvigorisce vecchietti sedentari e zie signorine, rapper di piazzetta e ultrà dubbiosi, ossia tutti quelli che si mettono in pochi attorno al tavolo, senza un briciolo di spirito natalizio.
L’altro disco ha un entusiasmo casareccio, con la stranota tammurriata, Figliola ca stai ’ngopp’’a sta luggetta, Nu poco ’e sentimento, Fresca Fresca (dal repertorio di Ria Rosa, sciantosa femminista anni ‘30) e Bammenella ’e copp’’e quartieri di Raffaele Viviani, più i due inni internazionalisti, il venezuelano Montilla e il greco Yerakina, in un calderone ritmico con fischi, trilli e percussioncelle astruse. Finale polemico di Sepe «Fate presto. Pigliatevi ‘sti dischi pe’ dispetto a loro». Loro chi? Conte, Giuseppi e Antonio, DeMa e DeLa e DeLu e chi più ne ha più ne metta.