Dopo settimane di stallo, il primo risultato del sostegno aereo russo a Damasco si è concretizzato: le truppe governative hanno posto fine ad un assedio lungo un anno e mezzo, quello alla base militare di Kweyris, nord di Aleppo. A controllarne il perimetro erano gli uomini di al-Baghdadi, che tenevano in ostaggio soldati siriani bloccati all’interno.

Una vittoria non da poco, per tre ragioni: a livello militare, quella base potrebbe da oggi essere usata dagli aerei russi che bombardano i gruppi islamisti a nord ovest; inoltre, apre la strada alla tanto attesa offensiva per la ripresa di Aleppo. Infine, assume un significato simbolico a livello diplomatico: sul campo di battaglia non c’erano solo jet russi, combattenti di Hezbollah e soldati iraniani. Dietro le quinte, dice il Ministero degli Esteri russo, ci sarebbero state anche i moderati anti-Assad.

«Le informazioni sulle postazioni dei terroristi e i punti di appoggio intorno alla base – ha detto il generale Konashenkov, portavoce del Ministero – sono state fornite dalle opposizioni siriane e verificate nel centro congiunto di Baghdad». Se confermata, la notizia apre a nuovi orizzonti diplomatici: Mosca ha institito a lungo negli ultimi mesi sulla partecipazione dei gruppi moderati alla lotta contro l’Isis, sia invitandoli in Russia che chiedendone contatti e riferimenti al fronte anti-Assad.

Una collaborazione importante soprattutto alla luce del nuovo piano di pace proposto dalla Russia e che dovrebbe essere discusso sabato a Vienna, durante il secondo round di negoziati internazionali. Mosca avrebbe messo sul tavolo 8 punti, tra cui la riforma della costituzione, da realizzarsi entro 18 mesi, a cui seguano elezioni presidenziali. Silenzio sulla sorte di Assad (nella bozza si specifica solo che il presidente eletto sarà anche comandante in capo delle forze armate e dei servizi segreti), una mancanza che ha subito attirato le proteste delle opposizioni moderate, alcune delle quali dovrebbero essere presenti a Vienna. Protesta anche Damasco: le elezioni – dice il governo – sono un affare interno siriano.