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Damasco: ecco dove sono le armi chimiche

Damasco: ecco dove sono le armi chimiche – Reuters

Siria Dal governo di Assad, in anticipo, la mappa dei siti

Pubblicato circa 11 anni faEdizione del 21 settembre 2013

Le autorità siriane hanno anticipato i tempi: già ieri Damasco ha consegnato i dati richiesti dall’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opcw) dell’Aja. La consegna era prevista per sabato prossimo, in base all’accordo ottenuto grazie alla mediazione di Mosca e definito poi con Washington, che prevede una completa mappatura e distruzione delle armi chimiche in mano ad Assad. Con l’accusa di usare armi chimiche gli Stati uniti, con Gran Bretagna e Francia, avevano minacciato un attacco contro Damasco il mese scorso. Assad, sostenuto dalla Russia di Putin, ha sempre ribattuto accusando, con un suo dossier, i ribelli di avere fatto uso di armi chimiche, in particolare il 21 agosto scorso a Goutha per ottenere proprio l’intervento armato occidentale.
La mediazione internazionale ha lo scopo di favorire la presenza di ispettori sul campo in Siria a partire dal prossimo novembre. L’obiettivo è la distruzione di tutti gli arsenali chimici entro la fine del 2014. Per questo, in queste ore, proseguono i colloqui sull’accordo del vice ministro degli Esteri russo Sergei Ryabkov. Ma non si placano le divergenze con Washington. Anche ieri il segretario di Stato John Kerry ha parlato di «prove certe» sul governo siriano per l’attacco di Ghouta. Il giorno prima in un’intervista alla Fox News il presidente Assad, accusando i ribelli, ha assicurato che in un anno avverrà la distruzione delle armi chimiche, anche se al costo di 1 miliardo di dollari. Lo scontro all’Onu, tra Usa e Francia da una parte e Russia e Cina dall’altra, è su una risoluzione che preveda o meno l’articolo VII, quello dell’uso della forza.
Mentre in Siria è guerra tra ribelli. Due gruppi di insorti hanno raggiunto un cessate il fuoco nella città di Azaz. L’Isis che combatte per uno «Stato islamico in Siria e Iraq», legata ad al-Qaeda, ha conquistato parte del nord del paese, strappandolo all’Esercito libero siriano (Els). Gli scontri ad Azaz sono iniziati quando un insorto ferito è stato trasferito in una clinica ed è stato filmato per una campagna di raccolta fondi. L’uomo ha chiesto la cancellazione delle immagini e ha chiamato gli accoliti in aiuto. Il gruppo radicale Isis ha arrestato decine di attivisti e giornalisti. La zona è contesa tra jihadisti e Els per il controllo della frontiera con la Turchia, paese Nato che addestra parte degli insorti.
Un fatto nuovo c’è. Da ieri emerge l’iniziativa diplomatica dell’Iran, consapevole di essere il «vero» obiettivo dell’eventuale intervento occidentale in Siria.. Il presidente iraniano Hassan Rouhani ha dichiarato di essere pronto a favorire la pace in Siria come parte di una «politica costruttiva» con altri paesi. «Dobbiamo creare un’atmosfera in cui gli abitanti della regione possano decidere i loro destini», ha detto Rohani. Non solo, Rohani non ha escluso un incontro con il presidente degli Stati uniti Barack Obama la prossima settimana, ai margini dell’Assemblea dell’Onu. Nei colloqui si discuterà di Siria e questione nucleare. In un articolo sul Washington Post, Rohani ha aggiunto che è necessario puntare sulla diplomazia e non su un approccio unilaterale per affrontare le sfide che riguardano la comunità internazionale. Rohani ha confermato la necessità di proseguire con il programma per l’energia nucleare ad uso civile, ma pronto ad arrivare ad un accordo con la comunità internazionale poiché l’Iran «non ha intenzione di dotarsi di un’arma atomica». «La sicurezza viene cercata a spese dell’insicurezza di altri con conseguenze disastrose – ha proseguito accusando Rohani – A più di un decennio e due guerre dall’11 settembre 2011, al-Qaeda e altri militanti estremisti continuano a devastare. La Siria, un gioiello di civilizzazione, è diventata teatro di una violenza straziante, anche con attacchi chimici che condanniamo con forza. In Iraq, 10 anni dopo l’invasione americana, decine di persone perdono la vita in violenze ogni giorno. In Afghanistan continua l’eccidio», ha concluso Rohani.

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