Men on men è il titolo di un’antologia di letteratura gay americana e oggi suona beffardo, paradossale.
Il Patriarca di Mosca, nel manifestare l’appoggio del clero alla guerra contro l’Ucraina, ha voluto dire che è giusto mandare uomini a uccidere altri uomini perché bisogna assolutamente evitare che uomini amino altri uomini.

Uno degli elementi portanti di questa guerra, come delle altre, sta tutto qui: nel potere degli uomini, o meglio, nel potere secondo gli uomini; che è poi l’unica forma di potere che conosciamo dall’inizio dei tempi, risalente probabilmente al Neolitico quando, con i primi insediamenti stabili, gli uomini iniziano a tessere alleanze tra loro per difendersi dalla natura, equivocata – per ignoranza – come una forza ultraterrena, terrifica e spaventosa; tanto che per esorcizzarne la paura l’uomo inizia a imitarla, almeno per come lui la intende, cioè come una forza oppressiva.
Inizia ad essere, l’uomo, oppressivo a sua volta sull’altro uomo e la prima connotazione di questo soggiogamento originario, che fonda la struttura oppressiva della società patriarcale, è probabilmente di carattere sessuale.

Sono le donne le prime vittime di quel soggiogamento, diventano mezzi di scambio e di alleanze tra villaggi diversi, nasce la patrilinearità.
Il seguito lo conosciamo.
La differenza della donna sono millenni di assenza dalla storia. Approfittiamo della differenza: una volta riuscito l’inserimento della donna chi può dire quanti millenni occorrerebbero per scuotere questo nuovo giogo? si chiedeva provocatoriamente Carla Lonzi nel profetico, e inascoltato, Sputiamo su Hegel nel 1970.

La misoginia, l’odio verso le donne e verso l’alternativa che potrebbero rappresentare, l’odio verso il loro corpo capace di creare la vita e l’intolleranza verso ogni forma di sessualità e di genere che devii dal paradigma eterosessuale non sono determinate dal desiderio di preservare la coppia eterosessuale nella sua dimensione ideale, ma nella sua dimensione storica, integralmente sbilanciata a favore dell’uomo, del suo io virile e bellico, e del suo modo oppressivo di gestire il potere.

Uomini sono i leader che decidono le guerre, uomini sono i soldati come i chiamati a resistere: un ordine di mobilitazione generale firmato dal governo resistente di Kiev impedisce infatti a tutti gli uomini adulti di lasciare il Paese, perché devono restare e combattere, da uomini.
Come uomo rivolgo a me stesso, e a tutti gli uomini, una domanda: davvero vogliamo questo? Davvero siamo questo?

Se non è così allora c’è una sola cosa da fare e in fretta. Promuovere in modo forte e consistente una radicale transizione verso il potere femminile, superando le resistenze, le ritrosie, spesso le ilarità, che si affacciano ogniqualvolta si parla di leadership femminile e degli strumenti per ottenerla, come le quote di rappresentanza in tutti i contesti gestionali, pubblici e privati; quote di rappresentanza femminile, non di genere in senso neutro, perché la finta neutralità di un sistema a vocazione tutta maschile è il problema.

Si obietta: che garanzia abbiamo che sarebbe diverso, che sarebbe meglio?
Nessuna. Non si hanno garanzie quando si sostituisce un ordine convenzionale con un ordine nuovo. Ma quando l’ordine convenzionale giunge ad un passo dal provocare la fine atomica dell’umanità, quando quell’uomo che ha voluto dare lui, da solo, inizio alla storia è prossimo a decretarne la fine, allora la priorità è smantellarlo, quell’ordine millenario; e affrontare con speranza e motivazione la sfida del nuovo.